Fede incrollabile, di Lisa Worrall - 2 luglio

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view post Posted on 25/6/2013, 07:47
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Sono fatta così...un enigma avvolto in un indovinello e confezionato in un paradosso!

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FEDE INCROLLABILE

yc90Con tutti i bar che ci sono in tutte le città del mondo, lo sconosciuto sceglie di entrare in quello di Brody Tyler. Senza ricordi e con un nome scelto da un giornale, Nash è un mistero – ma Brody è disposto a correre il rischio. Non passa molto tempo prima che Brody e Nash si innamorino, ma un tragico incidente infrange il loro mondo fatato, resettando ancora una volta la memoria di Nash.

Il “nuovo” Nash Walker è un affarista senza scrupoli, a cui non importa chi o cosa deve distruggere per assicurarsi il successo. Come se non fosse già abbastanza traumatico svegliarsi in un letto d’ospedale dopo essere stati investiti, senza avere la minima idea degli eventi degli ultimi sei mesi, Nash scopre di essere anche nel mirino di un sicario. Ed ecco apparire sulla scena Brody Tyler, guardia del corpo per caso.

Brody è determinato ad aiutare Nash a ricordare e a riportare indietro l’uomo che ama. Nash pensa che Brody sia uno splendido rompicoglioni. Se solo riuscisse a ricordare…

Genere: M/M
Editore: Dreamspinner Press
Pagine: 257
Formato: eBook

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ESTRATTO:
Capitolo Uno





BRODY rigirò il bicchiere che teneva in mano e lo sollevò, osservandolo in controluce, poi tolse le macchie sul vetro con uno strofinaccio pulito. Si guardò attorno nel bar e sorrise: era il suo bar. Brody era praticamente cresciuto sullo sgabello dietro il bancone. Tyler’s era appartenuto a suo nonno e al suo bisnonno prima di lui, e lì aveva trascorso la maggior parte delle sue estati. Quando era un bambino, il nonno gli aveva fatto riempire i contenitori per le noccioline da mettere sui tavoli. Poi, col passare degli anni, aveva ricevuto uno strofinaccio e il permesso di pulire i tavoli, poi il bancone e, infine, era stato promosso ad aiutante estivo con l’incarico di preparare i cocktail e aprire le bottiglie di birra. “I soldi non valgono nulla se non te li sei guadagnati, figliolo. Ricordatelo,” diceva sempre il nonno col suo aspro accento texano. “Solo perché la tua famiglia è ricca, non significa che tu non debba guadagnarti il pane.”

Brody sapeva di essere stato fortunato a crescere in una delle famiglie più ricche di San Antonio, ma le parole del nonno gli erano rimaste impresse e non aveva mai vissuto all’ombra dei suoi genitori. Aveva deciso di non intraprendere il sentiero più facile, ovvero il lavoro nell’azienda di famiglia dei Tyler, preferendo lavorare per pagarsi l’università e la scuola di specializzazione, inseguendo il suo sogno di sempre: l’architettura.

Aveva finito la scuola di specializzazione da appena tre settimane, con l’inchiostro del suo diploma di laurea ancora umido, quando a suo nonno era stato diagnosticato un cancro. Durante le ore passate accanto all’amato vecchio, avevano condiviso i suoi ricordi; Brody gli aveva letto Il buio oltre la siepe, ma soprattutto erano rimasti in silenzio, traendo ciascuno il conforto di cui aveva bisogno dalla presenza dell’altro. Durante una di quelle lunghe giornate, il nonno gli aveva detto che avrebbe lasciato a lui il bar, ma che voleva che vendesse il locale e usasse i soldi guadagnati per creare la sua impresa.

Dieci giorni dopo, Brody tenne la mano del nonno mentre questi esalava l’ultimo respiro. Dopo che lo ebbero seppellito accanto alla nonna, Brody lasciò la veglia funebre a casa dei suoi genitori. Non aveva idea di dove stesse andando – forse era stato il subconscio a guidarlo, forse era stato il nonno stesso, non lo sapeva – ma si era ritrovato fuori da Tyler’s con le chiavi fra le dita intorpidite.

Dentro, mentre si guardava intorno nella stanza vuota, inalando gli odori familiari e assalito da una miriade di ricordi, Brody seppe che non avrebbe mai potuto separarsene. Si era tolto la giacca scura del completo, aveva preso uno strofinaccio e un bicchiere... e lo stesso faceva sei anni dopo. Non erano molti i ventiseienni proprietari di un’impresa di successo e lui sapeva quanto fosse stato fortunato. Aveva già una vasta clientela abituale e, dopo qualche restauro che aveva reso il posto un po’ più moderno, il passaparola ne aveva fatto uno dei bar più popolari della città. Forse non era la vita che si era immaginato, ma non l’avrebbe scambiata con nessun’altra.

Mentre riponeva i bicchieri sullo scaffale, udì lo scampanellio che segnalava l’arrivo di un cliente e sbirciò nello specchio. Incapace di contenere il sospiro che gli sfuggì dalle labbra e con il cuore che improvvisamente gli batteva forte, Brody seguì con lo sguardo l’uomo che camminava verso il bancone.

Lo sconosciuto dimostrava più o meno la sua stessa età ed era alto circa un metro e ottanta. Ma non erano la sua altezza o la sua età a far rizzare l’uccello di Brody nei pantaloni. Quel tizio era la persona più bella che lui avesse mai visto, uomo o donna che fosse. Dopo aver appoggiato l’ultimo bicchiere sullo scaffale, Brody prese lo strofinaccio e cominciò a sfregare il legno lucido del bancone. Fallì miseramente nello sforzo di non fissare l’uomo mentre questi si sedeva su uno sgabello e si maledisse in silenzio quando sentì il suo uccello premere contro il denim dei suoi jeans, mentre l’uomo si passava una mano tremante sui corti capelli castano chiaro, facendo sì che la maglietta stretta aderisse ai muscoli del torace snello.

Perdio, riprenditi, Brody! Si buttò lo strofinaccio sulla spalla e si tolse le ciocche color cioccolato dagli occhi. Sembri incantato. Smettila di sbavare su quel poveretto e vai a servirlo. Brody raddrizzò le spalle, prese un sottobicchiere e si diresse verso il fondo del bancone, sperando con tutto il suo cuore che lo sciame di farfalle che aveva nello stomaco non decidesse di uscirgli dalla bocca.

“Salve,” disse in tono allegro, buttando il sottobicchiere sul bancone, davanti al signor Alto e Bello. “Cosa ti porto? “

Lo stomaco di Brody gli finì sotto le scarpe quando lo sconosciuto sollevò lo sguardo permettendogli così di lanciare un’occhiata agli occhi verdi più meravigliosi che avesse mai visto. No, non verdi, troppo ordinario. Erano del color verde acqua di un oceano in tempesta, tempestati di pagliuzze dorate e incorniciati da lunghe ciglia scure, e lui sarebbe stato più che felice di passare il resto della sua vita a fissarli. Sì, come no, Oprah – dagli da bere e basta!

Occhiverdi passò in rassegna le bottiglie allineate sugli scaffali accanto a Brody e fece spallucce. “Non saprei.”

Brody inarcò le sopracciglia per il tono di quelle parole: era come se pronunciarle avesse richiesto uno sforzo immane. Quando l’uomo guardò le file di bottiglie di birra e poi spostò lo sguardo di nuovo su di lui, Brody fu certo che il suo cuore avesse mancato sul serio un battito alla vista di quello sguardo triste. “Ehi.” Senza pensarci, allungò una mano e l’appoggiò su quella di Occhiverdi. “Va tutto bene?” Gli si mozzò il fiato quando vide le lacrime in quegli occhi che incontrarono i suoi e poi si spostarono.

“Non lo so,” mormorò.

Brody guardò l’orologio sul muro e prese una decisione dirigenziale. Il capo sei tu, coglione, ogni decisione che prendi è dirigenziale. Ignorando la sua voce interiore, buttò lo strofinaccio nel cesto dietro il bancone, prese due bottiglie di birra dagli scaffali, ne mise una davanti allo sconosciuto e sorrise rassicurante.

“Ecco qua,” disse a bassa voce. “Sembra che tu abbia bisogno di parlare con qualcuno. E chi meglio di un barista? Sono un buon ascoltatore, davvero. Devi esserlo se vuoi entrare nella scuola per baristi.” Sentì un calore sbocciargli nel ventre quando le labbra dell’uomo si contrassero. “Senti, mancano ancora un paio d’ore prima che questo posto si riempia, per cui che ne diresti se appendessi il cartello “chiuso” e parlassimo un po’?” Sollevò la mano destra come per giurare. “Garantisco che non sono un assassino e mi dicono che la pazzia abbia saltato una generazione.”

Brody rimase in silenzio mentre Occhiverdi sembrava valutare il suggerimento, e qualche momento dopo questi annuì. Il sorriso di Brody si allargò e lui attraversò la stanza per girare il cartello sulla porta, chiudere a chiave e abbassare la tapparella. Notò il nervosismo con cui Occhiverdi scrutava l’etichetta sulla bottiglia di birra e si accigliò preoccupato quando l’uomo sobbalzò nel momento in cui Brody si sedette sullo sgabello accanto.

Presa la seconda birra, ne bevve un lungo sorso prima di voltarsi per guardare in viso l’altro. “Piacere, mi chiamo Brody, Brody Tyler, e sono il proprietario.” Tese la mano e il suo sguardo scattò verso l’alto quando quelle dita lunghe si avvolsero intorno alle sue e avvertì una scossa di elettricità statica passare tra i loro corpi. A giudicare dal modo in cui l’altro inspirò profondamente, anche lui l’aveva sentita. Schiarendosi la gola, Brody cercò di non lasciar andare come una patata bollente la mano che stringeva e inarcò un sopracciglio con aria interrogativa. “E tu?”

“Non ricordo.”

“Prego?”

“Ho detto che non ricordo,” disse Occhiverdi con voce stanca. “Non ho idea di chi sono.”





MEZZ’ORA dopo, Brody era seduto di fronte allo sconosciuto in uno dei privè adiacenti alla parete ed entrambi erano alla seconda birra. Brody aveva ascoltato, con occhi sempre più spalancati, mentre l’altro gli raccontava la storia in pillole dei suoi ultimi tre mesi. Gli disse di come era stato trovato in un vicolo con un coltello conficcato nel fianco e il cranio fratturato. Lo avevano picchiato in faccia così tanto che c’erano voluti un paio di mesi perché il gonfiore si ritirasse, i lividi scomparissero e lui tornasse ad assomigliare a un essere umano.

Brody bevve un sorso di birra mentre, con una vaga pronuncia strascicata tipica del Texas, lo sconosciuto raccontava di essersi svegliato in ospedale dopo l’operazione, solo e spaventato, senza avere la più pallida idea di chi fosse. Nella giacca del completo che aveva indosso non c’erano portafogli né patente, per cui la polizia aveva pensato che fosse stato vittima di una rapina – si era trovato nel posto sbagliato al momento sbagliato. Non erano riusciti ad associare la sua descrizione a nessuna identità contenuta nel loro database e avevano fatto passare la sua foto nelle televisioni locali, ma nessuno l’aveva cercato.

“Mi sono svegliato in quell’ospedale e non ho mai avuto tanta paura in vita mia come allora,” disse sorridendo. “O perlomeno credo che sia così – come faccio a saperlo? Forse svegliarsi in ospedale era un’abitudine per me.” Le sue labbra si contrassero in un sorriso stirato. “Scusa, pensarci mi fa girare un poco la testa.”

“Non riesco neppure a immaginare quanto dev’essere stato terribile,” disse Brody, scuotendo la testa incredulo. “Non ti ricordi nulla? Nessun flash, nessuna...” Fece spallucce, sapendo che stava blaterando ma incapace di fermarsi. “Sensazione di déjà vu?”

“Beh, ci sono due cose che so per certo,” rispose. “Non mi piace il Jell-O , di nessun gusto, ma adoro la birra.” Sorrise e bevve un altro sorso dalla sua bottiglia.

Brody rise della grossa e fece tintinnare le loro bottiglie prima di buttar giù quanto rimaneva della sua. “E il nome?” Brody diede voce a uno dei tanti pensieri che gli passavano per la testa. “In qualche modo devono averti chiamano negli ultimi tre mesi.”

Occhiverdi fece spallucce. “Mi chiamavano Paul. Una delle infermiere che si occupava di me, Anna, mi ha dato quel nome, ma non mi piace. Non me lo sento bene addosso, ecco.”

“Come mai ti hanno dimesso, se ancora non ricordi chi sei? Ti hanno detto se riuscirai mai a ricordare?” C’era qualcosa nell’uomo davanti a lui che faceva venire voglia a Brody di abbracciarlo e tenerlo al sicuro. Non riusciva a spiegarselo. Non aveva mai avvertito un legame così forte e istantaneo con un ragazzo. Sospirando, scosse mentalmente la testa. Gesù, Brody, non sai nemmeno se è gay. Diavolo, probabilmente non lo sa nemmeno lui. Guardò attraverso le ciglia abbassate l’altro che finiva la birra prima di rispondere e avvertì un forte calore nel basso ventre quando quelle splendide labbra piene si chiusero attorno al collo della bottiglia.

Merda. Sono fottuto.

Brody notò il nervosismo improvviso nel modo in cui lo sguardo del ragazzo passò dal suo viso alle sue dita che giocherellavano con l’etichetta della bottiglia ora vuota. Brody allungò una mano e la mise su quelle dita, fermandole. “Come? Cosa è successo?”

“Non avevano motivo per trattenermi. Voglio dire, sono guarito ovunque tranne che qui.” Si batté un dito sulla fronte e le sue labbra si curvarono in un sorriso di derisione. “Non avevano la minima idea se avrei recuperato la memoria o meno. Hanno detto che potrei svegliarmi una mattina e ricordare tutto, oppure potrei aver perso la memoria per sempre. Ma due giorni fa,” fece una pausa e si guardò attorno come per accertarsi che fossero ancora soli, “ero nel bagno in fondo al corridoio dove c’era la mia stanza e ho sentito il dottore e due infermiere che parlavano di me. Dicevano che non avrebbero potuto prestarmi le cure costanti di cui avevo bisogno e avrebbero dovuto trasferirmi a un centro di riabilitazione ‘specializzato’,” disse, facendo le virgolette con le dita.

“Un centro di riabilitazione specializzato?” chiese Brody, rendendosi conto all’improvviso che stava ancora stringendo le dita dell’altro. Ritrasse la mano nel modo più indifferente che gli riuscì e si appoggiò all’imbottitura del divanetto.

“Quelle parole mi hanno fatto suonare un campanello di allarme. Mi volevano mandare in un qualche manicomio e io... io non potevo lasciarglielo fare.” I suoi occhi pieni di lacrime si specchiarono in quelli di Brody. “Non sono pazzo. Ho solo dimenticato un po’ di cose, come il mio nome, il luogo da cui provengo e tutto ciò che riguarda la mia identità per, oh, forse per sempre. Ma non sono pazzo, per cui...” Abbassò di nuovo lo sguardo.

“Per cui?” lo incitò Brody.

“Ho rubato i vestiti del tizio nella stanza accanto e dei soldi dal suo portafogli,” disse Occhiverdi tutto d’un fiato. “Mi sono segnato il nome e l’indirizzo e lo ripagherò, giuro. Poi sono sgattaiolato via. L’altro ieri.”

“Gesù.” Brody allungò la pronuncia della parola, pensando che il momento lo richiedesse. “Aspetta.” Si accigliò rendendosi conto di una cosa. “L’altro ieri? Dove hai dormito la notte scorsa?”

Occhiverdi arrossì e mormorò: “In un vicolo. Non avevo scelta.” Gemette alla vista dell’espressione incredula sul volto di Brody. “Non avevo abbastanza soldi per andare in albergo. Mi sono lavato nel bagno della stazione degli autobus questa mattina. Cosa c’è da ridere?”

“Stavo solo pensando. Non sei granché come ladro. Non avresti potuto rubare un portafogli con una carta di credito?” Brody ridacchiò a bassa voce quando le labbra di Occhiverdi si contrassero in risposta alla provocazione.

“Aveva solo quindici dollari, per cui gliene ho lasciati cinque. Credo di poter presumere che, chiunque fossi, non ero certo un genio del crimine.” Occhiverdi sorrise e appoggiò le mani sul tavolo come per tirarsi in piedi. “Beh, grazie per la birra e per la spalla su cui piangere, Brody. Ma credo di averti fatto perdere abbastanza tempo. Credo che sia ora di andare.”

“Dove?” chiese Brody, sollevando le sopracciglia al punto che sparirono sotto le sue ciocche. “In un altro vicolo? O in un ricovero dove si prenderanno quello che resta dei tuoi dieci dollari?”

“Che altro dovrei fare?”

Brody controllò l’orologio: presto avrebbe dovuto aprire. Willow e Kristie, le sue addette ai cocktail, potevano arrivare in qualunque momento. I pensieri gli rimbalzarono in testa come la pallina di un flipper mentre fissava l’uomo di fronte a sé. Non aveva idea di cosa diavolo stesse facendo, ma nella sua testa continuava a lampeggiare una scritta al neon: Non lasciarlo andare via! Il pensiero di quell’uomo, solo e spaventato in un mondo di cui non ricordava nulla, gli fece venire la nausea e una forte ansia. Voleva aiutarlo – no, doveva aiutarlo. Con gli occhi della mente, lo vide rannicchiato contro un muro, intendo a lottare contro dei degenerati che gli volevano rubare i vestiti, o peggio – la virtù. La virtù, Tyler? Non c’era tempo per rispondere al suo subconscio mentre si sporgeva e afferrava il braccio dell’altro, strattonandolo per farlo sedere.

“Aspetta! È una follia, ma...” Brody trasse un respiro profondo. “Immagino che ti servano un lavoro e un posto dove stare, giusto?” Attese che Occhiverdi annuisse prima di procedere. “Beh, a me serve un altro barista. Ho dovuto mandare via a calci l’ultimo e da solo faccio fatica. Non diventerai ricco, ma i pasti sono compresi e…” deglutì a fatica, ben sapendo che Wyatt gli avrebbe tirato le orecchie per ciò che stava per dire, “…io abito sopra il bar e ho una stanza libera. Se la vuoi, è tua.”

Occhiverdi lo fissò incredulo. “Brody, tu non mi conosci. Buon Dio, io non mi conosco. Come puoi essere sicuro che non sia io il pazzo assassino? Non posso, è troppo…”

Mantenendo un tono di voce basso e tranquillo, Brody guardò l’altro negli occhi. “So che sembra una pazzia e hai ragione. Non ti conosco e tu non conosci me. Ma di solito seguo il mio istinto e penso che tu sia un bravo ragazzo a cui sono capitate cose orribili. E poi,” inclinò la testa e sfoderò le sue fossette, “mia mamma mi ucciderebbe se non ti dessi una mano.”

Brody guardò una varietà di emozioni accavallarsi sul volto di Occhiverdi mentre questi rifletteva sulla sua offerta. Capiva la sua apprensione, come avrebbe potuto non farlo? Quel tipo non aveva idea di chi fosse, di dove fosse casa sua, se c’era qualcuno che sentiva la sua mancanza. Poi un completo estraneo gli offriva un lavoro e un posto dove stare come se non ci fosse stato nulla di strano. Tutto era strano per quell’uomo, adesso, si disse. Doveva essere tutto così confuso in un mondo che, all’improvviso, non era più il suo. Gesù, lui stesso si chiedeva cosa diamine stesse facendo; poteva solo immaginare cosa passasse per la mente dell’altro. Facendo ogni sforzo per rimanere impassibile, Brody si appoggiò allo schienale e lasciò che l’altro prendesse la sua decisione in silenzio.

“D’accordo,” disse questi alla fine, con le labbra curvate in un sorriso. “Dobbiamo essere entrambi fuori di testa, ma va bene, accetto.”

“Fantastico.” Brody sorrise, lottando contro l’impulso di alzare i pugni al soffitto e mettersi a ballare sul tavolo. “Ma prima di tutto, dobbiamo trovarti un nome che ti piaccia.” Quando Occhiverdi rispose inarcando le sopracciglia, Brody notò per la prima volta la spruzzata di lentiggini sul suo naso, che erano francamente adorabili, cazzo. Tiratosi in piedi, Brody uscì dal privè, attraversò la stanza e prese il giornale dal portariviste appeso al muro. “Ecco, trovati un nome nuovo,” disse, buttandolo sul tavolo con un sorriso. Il suo sorriso si allargò quando l’altro spiegò il giornale; poi Brody attraversò la stanza per sollevare la tapparella, voltare il cartello e aprire la porta.

“Ecco! Questo va bene!”

Brody cercò di agguantare il bicchiere che aveva in mano dopo che gli era scivolato udendo il grido di Occhiverdi. Facendo un passo indietro per schivare le schegge che si erano sparse sul pavimento, sollevò lo sguardo all’altro che agitava il giornale mentre attraversava la stanza. “Immagino che tu ne abbia trovato uno,” disse ridacchiando mentre prendeva la paletta.

“Oh, merda, scusa.”

“Questo è un bar, i bicchieri si rompono sempre, non preoccupartene,” lo rassicurò Brody, spazzando via in fretta le schegge e buttandole nella spazzatura. Guardò in quegli occhi che, per la prima volta, brillavano di qualcosa che non era paura o disperazione ma entusiasmo e speranza. Come aveva fatto quando Occhiverdi era entrato nel bar, Brody sorrise. “Piacere, sono Brody.”

Dita forti strinsero quelle di Brody e scossero la sua mano, mentre un gran sorriso illuminava il bel volto. “Piacere di conoscerti, Brody. Io sono Nash.”
 
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