LE PAROLE DI LUCE
Joanne Harris
Runemarks #2
“Le parole di luce” è un fantasy, genere insolito per l'autrice di “Chocolat”, che su Anobii ha conquistato 3 stelline e mezzo, anche se i pareri che possiamo leggervi sono discordanti. Chi ama il romanzo e chi lo odia. Non ci sono vie di mezzo.
Una via di mezzo, invece, è quella che vorrei percorrere.
Tre anni dopo le vicende, intricatissime, narrate nel primo volume “Le parole segrete”, tornano gli dei della mitologia nordica e la magia. Tornano anche le rune che, in questo nuovo episodio (l’ultimo? Sembra di no!) della saga, acquistano un ruolo fondamentale.
La protagonista è Maggie, una ragazza che deve affrontare un’avventura che la trascinerà fuori dall’ordinario tran tran della vita che conosce. Si addentra, spaventata dapprima, poi sempre più sicura di sé, nel mondo della magia. Incontra anche l’amore, nella persona di Adam Scattergood (che le si presenta, però, con un altro cognome). Lo conosciamo, è il nemico di Maddie, la protagonista del primo romanzo.
Maggie è pronta a tutto per amore. Ci riempie di tenerezza la sua ansia di amare e di essere amata. Adam… bene, niente spoiler, ma non sperate in un happy end.
Personaggi quanti ne volete: un fritto misto di dei, goblin, demoni, lupi magici; entità soprannaturali quante ne volete, insomma. Dimenticavo… cavalli che non sono cavalli, lande desolate, ponti dell’arcobaleno e, naturalmente Asgard!
Lo spunto è senz’altro indovinato: la mitologia nordica va alla grande, da quando sugli schermi torme di fanciulle con gli occhi a cuoricino hanno potuto ammirare le abbondanti grazie di Chris Hemsworth, che riveste i panni di Thor, nella serie omonima (in questi giorni è uscito il secondo film). La vicenda, però, si dipana a singhiozzo, lasciando il lettore frastornato da inganni che non sono inganni, ma lo diventano subito dopo o lo sono stati prima. I personaggi buoni si comportano da canaglie e quelli cattivi sono così subdoli che di più non si può.
Il linguaggio dei lupi (Fenris e famiglia) ricade nel gergo moderno, creando qualche fastidio a chi ama il fantasy classico, per intenderci quello di “Hobbit” e compagnia bella. Per il resto, la scrittura è fluida e la scrittrice padroneggia la storia. Noi non lo facciamo con la stessa padronanza… Insomma, una lettura faticosa e luuuuunga cinquecentonovantatré pagine.
Edited by Pau_7 - 6/3/2015, 22:55