Il gioco dell'inganno, di Adele Vieri Castellano - Ed. 2013

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A&P
view post Posted on 12/2/2013, 12:48




Con la fine del Carnevale si chiude l’evento letterario "DIETRO LA MASCHERA".
Per questo ultimo appuntamento una nuova stella del romance italiano ci ha omaggiato con un suo racconto inedito.
Lasciatevi trascinare dalla bellezza di Venezia e dalla poesia di un’epoca fatta di eleganza, divertimento e sottile seduzione.
In esclusiva per INSAZIABILI LETTURE abbiamo il piacere di presentarvi

"Il gioco dell'inganno" di Adele Vieri Castellano







Territorio della Serenissima Repubblica di Venezia, febbraio 1795

Il temporale non avrebbe tardato. Nubi dilatate si ammassarono a occidente, l’una sopra l’altra. Le creste si arricciarono minacciose e grevi di pioggia coprendo l’orizzonte. Lo spicchio di sole nascente sparì nel vorace turbine temporalesco, in continua attività.
L’uomo che stava a cassetta sulla carrozza alzò il volto, spalancò gli occhi, fissò a bocca aperta l’enorme incudine plumbea che gli ribolliva sulla testa e scrollò il capo rassegnato, incitando i cavalli per evitare di prendersi un gelido bagno.
Le due donne chiuse nell’abitacolo sobbalzarono per l’ennesimo scossone e Marietta, col viso teso per l’agitazione, ricominciò a lamentarsi.
«Misericordia, morirò. La mia schiena. Signore, abbi pietà.»
Sul volto della giovane baronessa Lorenza Marianin apparvero due fossette e gli occhi luccicarono.
«Marietta, lascia che il Signore badi a casi più pietosi e stai tranquilla, presto saremo arrivate e potrai divertirti anche tu.»
«Divertirmi, dite?» replicò la cameriera soffocando uno sbadiglio e stropicciandosi gli occhi «mi farete morire di crepacuore e vostro padre, quando scoprirà la nostra fuga…» un brivido di apprensione scosse le spalle magre «…mi ucciderà per avervi permesso una tale bravata.»
«Gli dimostrerò di saper badare a me stessa. Non ho bisogno di nessuno, tantomeno di quel Lamberti che vuole obbligarmi a sposare.»
Lorenza giocherellò con la maschera argentata che l’avrebbe protetta durante quel giovedì grasso, una delle ultime giornate di follia del Carnevale, e provò un tuffo al cuore.
Che avventura, quella mattina.
L’angoscia della sveglia ancora col buio, la corsa nei campi scricchiolanti di brina, lo sguardo colmo di disapprovazione del cocchiere Tommaso che si era prestato, seppur di controvoglia, ad accompagnare la temeraria padrona e l’agitata cameriera fino all’imbarcadero per la Serenissima.
«Vostro padre perdonerà voi forse, ma non me» si lamentò ancora Marietta, riportandola alla realtà.
«Ti proteggerò io. Ma Tommaso starà zitto?» Chiese Lorenza in apprensione.
«Oh certo signorina, ci mancherebbe. Avrebbe a che fare con me altrimenti ma voi piuttosto, ci darete buone credenziali quando saremo licenziati?»
«Oh finiscila, Marietta. Mi rovinerai la giornata con questa lagna. Mi assumerò la colpa di tutto, gli dirò che vi ho costretti. Il barone si arrabbierà ma so come rabbonirlo, stanne certa.»
«Ah sì. Col vostro caratterino non vi si può dir di no ma il mio dovere è anche quello di frenarvi.»
«Il tuo dovere è compiacermi. E non è giusto che folleggi anch’io lungo le calli? “Non è posto per una giovane donna prossima al matrimonio”, ha detto l’altro giorno mio padre. Figuriamoci.»
Lorenza lisciò l’abito in raso azzurro a fiori di broccato. Il corpino era chiuso sul davanti con stringhe sottili e un fiocco più scuro nascondeva la pienezza esuberante dei seni.
Marietta aggrottò le sopracciglia castane e strinse le labbra.
«Vostro padre ha ragione. Il Carnevale non è posto per una donna per bene. Tutta quella gentaglia! La feccia più sordida approfitta di questi giorni di festa per celarsi dietro a una maschera e compiere così le nefandezze che durante l’anno, a viso scoperto, si guarda bene persino dal pensare.»
Lorenza la guardò scettica alzando un sopracciglio, gli occhi chiari velati d’ironia. Un movimento brusco la schiacciò contro il sedile e Marietta, incapace di tacere, continuò:
«Lo so bene che non vi importa nulla della festa. Volete solo divertirvi per l’ultima volta, prima di quell’odioso matrimonio. Vi capisco ma non sono d’accordo, il vostro comportamento è scandaloso.»
Marietta arrossì fino alla radice dei capelli e morse la lingua, ma si era tolta un peso dal cuore. Lorenza sembrò non far caso alla sua impudenza.
«Hai ragione Marietta» le concesse sentendosi magnanima «e tu sai bene che se rimarrò confinata a casa non ne avrò mai l’occasione. Quindi taci ora e lasciami tranquilla.»
La carrozza continuò il suo percorso nella campagna brulla fino a quando non giunse in riva alla laguna, a giorno fatto. Nella bruma che si andava dissolvendo in un riflesso livido, Lorenza vide il profilo di Venezia stagliarsi contro il cielo.
Durante il tragitto si era insinuato in lei un fugace dubbio sul folle progetto, ma la vista della città e della moltitudine di maschere bastò a cancellarlo d’un soffio. Le due donne si stiparono su un barcone insieme a mille passeggeri variopinti, tra volti coperti di seta, panno e piume; tra nobiluomini, straccioni, dame e cavalieri.
Impossibile distinguere i signori dai poveracci, i buoni dai cattivi, i malintenzionati dagli onesti. Le maschere assicuravano un efficace anonimato, annullando le barriere sociali in un clima di festa.
«Marietta, che bella Colombina sei diventata. Avanti, non tenere il muso e, prima di coprirti il volto con la maschera, fammi un bel sorriso.»
«C’è troppa gentaglia su questo barcone» si lamentò Colombina, guardinga e malfidente. Sobbalzava a ogni occhiata, a ogni mossa, sembrava che tutti le guardassero avidi.
Lorenza la confortò con un lieve abbraccio prima di nascondere dietro alla maschera e sotto il domino scarlatto i folti capelli biondi, su cui non portava cipria.
Sparì anche la scollatura audace che svelava il seno prosperoso e la bocca sensuale che lasciava libero, chiunque l’avesse spiata da sotto il cappuccio, di scatenarsi con le più perverse fantasie.
Marietta, di botto consapevole dei guai a cui stavano andando incontro, si avvicinò il più possibile alla giovane e le sussurrò colma d’ansia:
«Signorina vi supplico, abbassate il cappuccio per carità.»
Lorenza era distratta dai palazzi a metà sommersi, dall’acqua che sembrava volerli ghermire come una golosa amante.
Dalla prua del barcone che stava sbucando dal Canal Grande vide l’andirivieni di ogni specie di naviglio che transitava nel bacino di San Marco e poi, d’improvviso, apparvero le cupole gonfie, le arcate, gli ori splendenti del Palazzo Ducale. La dorata basilica, il campanile svettante e la folla che creavano una forma vivente, colorata e tumultuosa.
Lo spettacolo le fece salire le lacrime agli occhi e anche Marietta, pur adombrata dall’angoscia, riconobbe la bellezza senza paragoni della città.
Fu allora che afferrò la mano della sua padrona e la strinse con apprensione, mentre dentro di sé malediva la sua stoltaggine. Fu allora che ebbe la gelida certezza che la loro scappatella si sarebbe risolta in un disastro.
«Oh per la Divina Provvidenza, che abbiamo fatto signorina! Non vedete come vi guardano?»
«Non rovinarmi questo momento, Marietta. Non trovi anche tu che sia tutto bellissimo?»
La trepidante Colombina sbarcò controvoglia dal barcone, spinta, schiacciata, trascinata dalla folla. La piazza era una bolgia indescrivibile. Saltimbanchi, giocolieri, acrobati attiravano le bellissime maschere che davano spettacolo di sé, anche da sole.
Sembrava che si fosse radunata l'intera umanità, quella mattina, poiché si mescolavano oltre ai colori e ai personaggi anche le lingue, francese, inglese e spagnolo. Su tutti aleggiava un'aria di divertita leggerezza e illusione e anche i poveracci godevano di quel riflesso di abbondanza.
Le due donne si avviarono costeggiando lo splendore del Palazzo Ducale e Marietta si accorse che Lorenza era al centro dell’attenzione.
Gli uomini, resi più audaci dall’anonimato, si giravano a guardarla profondendosi in principeschi inchini, altri le saltellavano intorno in giocosi girotondi, i più sfacciati allungavano le mani e provavano a tirar via il cappuccio o tentavano di afferrarla per la vita.
Nonostante il domino, la figura slanciata di Lorenza spiccava come una cascata di lucidi zecchini appena coniati.
La pelle di alabastro, il nobile portamento, il sorriso che faceva il suo debutto da labbra esuberanti, carnose e piene. Un viso che si avvicinava alla perfezione e che faceva a pugni con il modesto panno che la ricopriva.
Marietta si studiò di prendere il cammino più sicuro per evitare la confusione, illusa che l’anonimato avrebbe protetto Lorenza dagli sguardi e dai pensieri lascivi di quell’orda incontrollabile. Acchiappò la sua mano e la trascinò verso i portici, sperando che là sotto la folla fosse meno pressante.
Confortata dal fatto che la giovane donna, ipnotizzata da tutto quel rumore, da quelle facce, da quelle urla di gioia e d’isteria fosse arrendevole, si appoggiò esausta a una colonna di pietra, mentre attorno a loro maschere bianche e spettrali correvano verso chissà quale mèta.
«Marietta lasciami subito, te lo ordino» la voce di Lorenza era imperiosa e lei non poté disobbedire.
«Oh signorina! Mi pento tanto. Non dovevamo venire. Vi prego torniamo indietro, andiamo a casa.»
Lorenza spalancò gli occhi ridenti.
«E perdermi il più bello? Andiamo, sorridi e seguimi. Mi voglio proprio divertire.»
E così dicendo si gettò nella calca.
Marietta, atterrita, la seguì.
Ogni volta che la perdeva di vista si tappava la bocca con le mani soffocando un urlo, per poi soffiar via tutta l’aria dai polmoni d’improvviso, quando la scovava tra le braccia di qualche libertino mascherato.
Trascinate dalla calca arrivarono fino al Ponte di Rialto, dove la confusione era al culmine. Marietta tentò di afferrarla per un braccio ma Lorenza si divincolò e lei si sentì tirare indietro.
Due braccia robuste, che appartenevano a un lacero pirata con pappagallo vivo e vegeto sulla spalla, le si erano avvinghiate alla vita in un abbraccio convulso.
«Su, bella Colombina! Regala un bacio a questo miserabile gaglioffo. Che curve hai, lì sotto? Fammi tastare il paradiso, bellezza.»
Le sue labbra erano umide e molli e Marietta, stordita dal fiato cattivo, si divincolò menando colpi a destra e a manca. Il palmo schioccò secco sulla guancia barbuta e il tipaccio scoppiò in una risata sdentata e marcia, per poi rivolgere le luride manacce a un'altra disgraziata che passava lì accanto. Quando tornò libera, Marietta si guardò intorno atterrita: Lorenza era scomparsa.
Urlò il suo nome girando su sé stessa perché pensare di correrle dietro era una pia illusione. Tentò di attraversare il ponte ma la folla la respinse indietro. Le botteghe erano gremite, la gente indolente, nessuno le badava.
La povera Colombina si appoggiò esausta, impaurita e inconsolabile alla balaustra di pietra candida e si abbandonò a un pianto disperato.

Lorenza venne trascinata via e perse di vista Marietta. Meglio così. Non sopportava più la sua cantilena e la mano tanto salda che le impediva di danzare e divertirsi a piacimento.
Un bottegaio le offrì un bicchiere di vino che scolò d’un fiato e la fece tossire. Un'altra maschera, con giacca e alamari da soldato, la trattenne contro di sé insinuando le mani avide sotto il domino. Lei sorrise spensierata e gli sgusciò via, con eleganza.
Musici con tamburi e flauti suonavano danzando seguiti da uno smilzo Pantalone e dalla sua dama, truccata da gatta; dietro di loro un damerino con la maschera piumata accennò a un passo del minuetto e le offrì la mano. Lorenza rispose all’inchino e si lasciò trascinar via, libera.
Piroette, volteggi e risate. Il domino che indossava si aprì come la coda di un pavone, i drappeggi del vestito si gonfiarono dandole la sensazione di volare. Lorenza corse lungo le calli, col fiato grosso e la voglia in corpo di dimenticare ogni scrupolo.
«Fatemi vedere il vostro viso» esclamò d’un tratto il suo compagno e con un movimento repentino e inaspettato le abbassò il cappuccio, rubandole la maschera.
L’uomo trasalì quando la riconobbe e la sua bocca si aprì in un sorriso lascivo, appena mimetizzato dalle piume che gli sfioravano la fronte e le guance.
«Voi!» si lasciò sfuggire «così bella e qui, tra le mie braccia. Non potrò mai più beffarmi del destino.»
Le avvicinò le labbra all’orecchio dichiarando in un sussurro avvinazzato:
«Non vi lascerò più andare, mia dolce dama dai capelli d’oro. Non speravo di rivedervi così presto e in un tale subbuglio ma a quanto pare la fortuna arride agli audaci.»
Lorenza si sentì indifesa e sciocca quando replicò:
«Sapete chi sono?»
«Sì… Diana, padrona della Luna. Casta, pura, inviolabile» la canzonò lui sventolandole davanti al viso la maschera d’argento poi scoppiò a ridere, trascinandola con sé.
Lorenza aveva il fiatone quando sbucarono in un grazioso campiello e il tacco di una delle sue scarpette rimase incastrato nelle fessure del selciato. Perse l’equilibrio ma lo sconosciuto fu lesto a sostenerla.
Si ritrovò stretta tra le sue braccia e allora rise con leggerezza, non sapendo come gestire né la forza di lui né il proprio imbarazzo.
«La vostra avvenenza mi eccita.» Le sussurrò l’uomo con alito caldo, fraintendendo le sue intenzioni.
La strinse contro di sé e le sue mani, nude e con lunghe dita bianche, le rovistarono il seno e il corpo con tale arroganza che Lorenza rinsavì e, con un movimento brusco, tentò di liberarsi.
Notò che all’indice destro l’uomo portava un grosso anello d’oro zecchino, una testa di leone ruggente.
«Siete troppo ardito, messere» scherzò col cuore in gola e fu allora che si guardò attorno.
I musici erano scomparsi, la calle stretta in cui erano sbucati era deserta e la dama-gatta si era seduta sui gradini di un portone, in un tripudio di pizzi e trine. Ascoltava rapita Pantalone che le sussurrava qualcosa all’orecchio.
A un tratto scoppiò in una volgare risata e un secondo dopo, davanti agli occhi stupefatti di Lorenza, la donna sollevò l’ampia veste, l’uomo si calò le braghe ed entrambi si godettero un breve amplesso accompagnato da sommessi gemiti di piacere.
Il giovane che la teneva ancora stretta se l’accostò all’inguine e Lorenza capì di essere nei guai.
«Piacerà anche a te» commentò con voce roca, assai sgradevole «aprirai le gambe come la tua amichetta. Guarda quanto è felice. Ho una gran voglia anch’io di far quei quattro balzi.»
Mentre la voltava per mettersela di fronte, Lorenza gli mollò una gomitata nel ventre e scappò via, perdendo le scarpette nella foga.
Il predatore allungò un braccio, inutilmente.
Lorenza svoltò l’angolo credendo di rivedere la sagoma rassicurante di Rialto ma non fu così. Finì in trappola in una calle cieca, chiusa sul fondo da un robusto cancello di ferro con guglie appuntite, alte e minacciose.
Si voltò per uscirne ma era già troppo tardi.
«State fuggendo da me, mia bella Diana? Non deludetemi, non feritemi. Anche se l’attesa rende i momenti più degni di essere vissuti. Quando vi ho riconosciuto, ho capito che dovevate essere mia, molto prima del previsto» sventolò la maschera d’argento come un trofeo, poi la lanciò dietro la schiena.
«Non oserete farmi del male» disse Lorenza, le spalle erette, i piedi protetti dalle calze di seta già trapassate dal gelo delle pietre del selciato.
«Del male mia cara? Vi farò solo del bene, vi assicuro» ridacchiò il vigliacco con le dita che trafficavano sulla patta delle braghe.
«Non mi metterete le mani addosso. Non ve lo permetterò» lo sfidò lei con gli occhi azzurri che saettavano dalla figura mascherata alla libertà, in fondo al vicolo.
Un sospiro intenso e Lorenza recuperò il contegno controllando il tremito delle mani, intrecciandole davanti all’elaborata chiusura del corpino. Riprese a parlare con voce che sperava ferma:
«Ridatemi la maschera.»
«La maschera? Chissà dov’è finita.»
«Dietro di voi, messere.»
Lui non finse neppure di girarsi e piegò il capo come un felino curioso.
«Se non me la volete restituire lasciatemi andar via.»
«E perché dovrei privarmi di una così bella vista? Di un piacere così gradito e inaspettato?»
Un passo dopo l’altro, lui si fece avanti. Lorenza indietreggiò senza perderlo di vista.
«Sarò garbato, se voi lo sarete con me.»
«Siete un gentiluomo di rango, si nota dai vostri abiti» ragionò Lorenza facendo ancora un passo indietro.
«Chi vi dice che io sia un gentiluomo? Oggi nulla è come sembra, oggi è un giorno di pazzia. Oggi tutto è permesso.»
Era mortificante parlare con quello sconosciuto. Non capiva se si burlasse di lei o fosse crudelmente serio.
Sperò di averlo frainteso perché altrimenti era davvero in trappola. Per un istante il panico la soffocò. Poi, assumendo una sicurezza che era ben lungi dal provare, si fermò, il cuore che martellava impazzito contro le costole.
Lorenza avanzò verso il cancello e lui le si parò davanti per impedirle il passaggio.
Si spostò a sinistra e lui fece altrettanto.
Tentò ancora a destra ma quel volto mascherato si fece più vicino, il corpo solido, brillante di seta e bottoni, le bloccò la fuga.
«Vorreste abbandonarmi, vergine dei boschi? Un giorno vi ho vista in groppa a uno dei vostri stalloni arabi. Uno spettacolo impagabile.»
«Un motivo in più per rispettarmi. So che non siete volgare di proposito. Lasciatemi!»
L’uomo se la tirò contro il petto.
«Lo sai? Mi garba provare la merce in anticipo. Ha ragione mio padre, belle come te non ce ne sono.»
Lorenza puntò i piedi scalzi sulle ruvide lastre di pietra. La zaffata di vino, tabacco e sudore di cui era impregnata la giacca di quel tipo la investì in pieno e così vicina notò che il suo persecutore aveva gli occhi iniettati di sangue, dilatati.
«Ti riporterò a Rialto ma prima mi darai ciò che voglio.»
Disperata, Lorenza cambiò tattica.
«Davvero mi riaccompagnerete, dopo?» E sollevò il volto, gli sorrise, sbatté le ciglia e socchiuse le labbra. Lo fissò in quei buchi che contenevano gli occhi, si strofinò contro il corpo sconosciuto e rivoltante.
«Brava vedo che hai capito, ti piacerà vedrai. Saremo una bella coppia noi due, ci divertiremo.» Bofonchiò lui ammaliato dallo sguardo e dalla bocca invitante.
«Sì, ci divertiremo» confermò Lorenza passandosi la punta della lingua sul labbro inferiore e lucidandone così la superficie scarlatta. Intanto prese le misure per fuggire.
Odiò le mani pesanti che la maneggiavano in modo sfacciato, la maschera di piume che le solleticò il collo, la lingua che la esplorò avida. Spalancò gli occhi dalla sorpresa, lui li chiuse, conquistato.
La libertà era a pochi metri e, mentre quello la straziava di baci, gli puntò i palmi sul petto, strinse i denti attorno alla lingua disgustosa e lo morse. Sorpreso, lui si tirò indietro di scatto e la mollò, urlando un’imprecazione.
Lorenza si lanciò disperata verso l’uscita della calle.
Una frazione, un istante troppo breve e il suo sollievo si infranse tra le braccia robuste di Pantalone. La maschera discinta l’abbrancò, chiudendola in una morsa.
«Olà, dove andate così di corsa bella mia? Giuro, sei così bella che meriti un bis anche se quella puttanella mi ha viziato, sui gradini. Olà, damigella! Smettete di dibattervi, mi stropicciate il gilet.»
Rise da solo, il vizioso che si era appena divertito davanti a un portone.
«Stai ferma, che hai da faticare adesso. Dopo di lui toccherà a me godermi le tue grazie.»
«Questa sgualdrina mi ha morso. Perdo sangue.» Intervenne il primo aguzzino toccandosi incredulo la bocca con le dita.
«Adesso le farai fare una bella penitenza, amico mio.»
L’odioso Pantalone aveva braccia come tronchi e tenaglie al posto delle mani, che le stritolavano le braccia.
«Buona, buona. Non sei stata carina con il mio compare, nulla a che vedere con la generosità della tua amica.»
«Non conosco quella donna e voi siete due animali. Sono Lorenza Marianin, la figlia del barone Marianin.»
«Oh, ma davvero! Onorato di conoscervi, baronessa. Che fortuna per voi l’aver incontrato due gentiluomini. Due che apprezzano il vostro rango.»
L’uomo col labbro gonfio le alitò sul viso e Lorenza rabbrividì.
«Tienila ferma, ora le do quello che vuole.»
Pantalone se la puntò sulla schiena tirandole le braccia al punto che Lorenza ebbe l’impressione le venissero strappate.
«Fermi, vi darò del denaro, quanto volete? Lasciatemi andare, vi prego!»
«Mi insultate, mia cara» replicò gelido quello con la maschera piumata, schivando con agilità i piedi scalzi di Lorenza e le sue ginocchia, che si muovevano alla cieca.
«Ciò che sto per fare, il godimento che mi darete, non lo cambierei per tutto l’oro del mondo.»
Lorenza vide due iridi che la squadrarono, la maschera non riuscì a celarne la freddezza e provò un brivido.
Il rumore del corpetto lacerato le fece perdere ogni speranza e urlò, dibattendosi così follemente che Pantalone fu costretto a buttarla a terra.
Le bloccò le braccia sopra alla testa e l’altro le si mise a cavalcioni sul bacino. Nella lotta strappò parte di una delle sottogonne e la sua prima vittoria fu accompagnata da un grido di trionfo.
«Vigliacchi!» articolò Lorenza furibonda e spaventata, schiacciata dal peso, tenuta in croce dalla cattiveria e dalla lussuria.
«Cala la patta. Tiralo fuori, dai. Falle vedere il tuo batacchio, si calmerà all’istante.»
Saliva e cattivo odore, trine che si aprivano, stoffa scucita con un solo, ferale movimento. Le mani la percorsero avide.
«Ora glielo do, stanne certo. Ferma sgualdrina, apri le gambe che te lo infilo tutto dentro.»
In tutto quel rovistare, quei respiri, quegli ansiti affannati, si udì a un tratto un rumore mai sentito prima. Uno schiocco secco, seguito da un urlo di dolore.
Il peso che le gravava sul ventre sparì brusco, di scatto, come fosse stato sollevato dalla mano di un gigante e scaraventato via.
«La signora non è d’accordo.»
La voce autoritaria proveniva dall’uscita della calle.
Lorenza rimase immobile a terra. Alzò solo il capo, i capelli spettinati che le solleticavano le guance. Intravide una figura avvolta da un lungo tabarro, il viso coperto da una larva e un tricorno sul capo, nero come tutto il resto.
Tra le mani, la bauta reggeva la frusta che recuperò con uno scatto agile delle mani guantate. La fece schioccare ancora sopra la testa di Pantalone che si ritrasse ma non lasciò libera Lorenza, si girò verso la maschera grifagna e disse, un po’ in affanno:
«Eccellenza, non vedete che ha già le cosce aperte? Fa solo la smorfiosa ma non aspetta altro, vi dico. Sono tutte uguali. Durante il Carnevale non vogliono che una cosa, ve la godrete anche voi dopo, ve lo giuro. Non vedete com’è bella?»
La frusta andò a segno questa volta. Lorenza la sentì sibilare così vicina al viso che le si drizzarono i capelli in testa.
Fu libera.
Si alzò a sedere e fu così lesta a ricomporsi che corse via mentre i due aguzzini si lamentavano ancora a terra. Sfrecciò accanto allo sconosciuto che si scostò appena in tempo per lasciarla passare.
Accecata dalla paura e dall’angoscia imboccò una calle a casaccio andando a finire al centro di un gruppo di passanti mascherati. Sbatté con violenza contro uno di loro, gli altri l’afferrarono, la toccarono, spintonandola per burla. Disorientata, stava per rimettersi a urlare quando una mano l’abbrancò e la tirò all’indietro.
Sbatté contro un corpo solido, tra due braccia risolute che la trascinarono a ridosso di un portone.
«Se fossi in voi mi calerei quel cappuccio sul viso, damigella. Non siete in grado di tener testa a questa feccia e al contempo difendere le vostre grazie.»
Lorenza si volse e fissò la larva, l’enigmatica maschera bianca e inespressiva che copriva il volto del provvidenziale paladino.
Solo il mento era appena visibile e i due fori che celavano gli occhi gli conferivano uno sguardo predatore. Gli zigomi finti erano sporgenti e lo spiovente, che partiva da sotto il naso adunco, si allargava davanti alla bocca come il becco di un rapace. Era quella forma particolare che fungeva da cassa armonica e rendeva la sua voce cavernosa. Impenetrabile a ogni sguardo, l’uomo era irriconoscibile.
«Vi prego, signore,» farfugliò Lorenza arruffata, sconvolta e non del tutto certa di essere in salvo «lasciate che vada a cercare la mia cameriera.»
«Siete così incosciente da essere qui solo in compagnia di una serva? Forse meritavate davvero di fare un regalo a quei depravati.»
Lorenza si stizzì per la crudezza di quelle parole e, pur conscia che fosse meglio tener a freno la lingua, sbottò:
«Voi non sapete nulla di me e non è affar vostro a chi intendo regalare le mie grazie.»
Lui la strinse di più, le passò un braccio intorno alla vita spingendola con garbata fermezza contro il suo bacino. Un istante, qualche forzato strofinamento e Lorenza percepì la prova inequivocabile della sua eccitazione. Santi Numi.
«Avete ragione. E’ roba vostra ma, se non avete ancora imparato la lezione, questo è quello che vi aspetta.»
Lorenza si irrigidì e seguì il bisbiglio roco dello sconosciuto con adeguato sgomento:
«Voi non avete difese contro un uomo che intende rubarvi ciò che non volete dare. Siete stata fortunata, non sfidate la sorte un’altra volta. Non avreste la forza di resistere e con me neppure la pretesa.»
Era il battito di lui o il proprio che sentiva nella gola? Lorenza si morse la lingua per non insultare quell’arrogante. Ma chi si credeva di essere?
Fu costretta a respirare a fondo e un profumo aspro e sconosciuto le riempì le narici. Non era vino, non era sudore. Era l’odore di un uomo differente, di un corpo che non aveva debolezze e non l’ingannava con amene falsità.
«Credetemi, baronessa, nel caso sarebbe un’intensa soddisfazione per entrambi ma dovete imparare a distinguere i buoni dai cattivi. E io oggi voglio essere buono.»
Lorenza svuotò ancora i polmoni per calmarsi ma anche per riavere indietro quell’aroma e, con il movimento, la perfetta durezza di lui la toccò ancor più intimamente. Avvolta nel calore virile, in quell’odore rassicurante, Lorenza si abbandonò alla sensazione che la pervase.
«Tremate?» sussurrò lui cupo, fumoso, molto vicino all’orecchio «fate bene ad aver paura di me.»
Non era paura la sua. Lorenza ne era certa.
L’aveva provata pochi istanti prima prigioniera di quei depravati ma adesso era in quell’aura travolgente di fermezza e protezione. No, non era paura ma un oscuro sentimento dai contorni indefinibili.
Era pazza.
La bauta metteva i brividi ma la forza di lui, a stento trattenuta, era come una corrente che passava tra loro e li univa con nervosa attrazione. Non avrebbe mai voluto essere liberata da quella stretta.
Sfilarono alcuni secondi, una pausa di silenzio interminabile e poi, visto che lei non si muoveva, fu la bauta ad allontanarla da sé. La fece appoggiare al portone e le si parò davanti per proteggerla ancora, questa volta dagli sguardi indiscreti dei passanti.
Trovandosi d’un tratto libera e indifesa Lorenza aggiustò la scollatura, qualche nastro qua e là con mani tremanti, i lacci del corpetto e la treccia che, raccolta sulla nuca, le crollò sulle spalle scoperte.
«Il Carnevale ha perso tutto il suo fascino, non rendetemelo ancora più odioso» mormorò con gli occhi bassi mentre tentava di darsi un contegno.
Una mano guantata le porse le scarpette di raso rovinate e solo allora gli occhi le si colmarono di lacrime.
«Dovete pensare che sono una sciocca» commentò alzando gli occhi sul mistero di quel volto di cartapesta, accettando il gesto che interpretò come un segno di pace «ma non credevo che finisse in questo modo» chiuse il domino con pudore ormai ingiustificato.
Lui le scostò un ricciolo dalla guancia e si chinò a sussurrarle:
«Non siete sciocca ma coraggiosa. Poche donne reggono le emozioni così come voi mi dimostrate. Ho udito le vostre invocazioni dio solo sa come in questo manicomio, e non è colpa vostra. Quelle due carogne non avevano nessun diritto di approfittare di voi. Ora tornate verso Rialto e cercate la vostra cameriera. Io sarò dietro di voi, vi scorterò senza darvi noia. Fidatevi di me.»
Lorenza obbedì.
Si voltò una, due, tre volte durante il cammino a ritroso e lui era sempre là.
Seppur nascosto dalla bauta percepiva il suo sguardo penetrante trapassarle le spalle. Camminava eretto a grandi passi, sovrastando i passanti, la frusta inoffensiva arrotolata tra le mani.
Lorenza, in vista del ponte, vide ovunque gruppi di maschere in delirio che festeggiavano mangiando frittelle calde e profumate.
Ora temeva quella folla.
La bauta la raggiunse in un soffio e lei si voltò, provò vergogna. Di essere finita alla mercé di quei viziosi, della sua nudità, dell’impotenza e di quella sfrontatezza di cui si era fregiata, per difesa e orgoglio, tra le sue braccia. Abbassò il capo per nascondere rossore e disagio e farfugliò qualcosa a caso.
«Tutta questa gente… sembrano impazziti.»
«E’ la follia del Carnevale, nessuno appare com’è in realtà. Una farsa, un’illusione» commentò quella voce camuffata, come tutto il resto di lui.
Era al suo fianco, scuro come la notte che fa paura ai bimbi e atterrisce le balie, rifugio dei briganti e covo delle stelle. Lei lo guardò e, questa volta, rabbrividì davvero.
«Avete freddo?» Le chiese premuroso.
«No.»
«Vi sentite bene?»
Lorenza fece un sospiro profondo per darsi un contegno e all’improvviso la testa le girò, la terra sotto di lei scomparve traballante in un baratro. Un attimo dopo era di nuovo tra le braccia della bauta che la portava senza nessuno sforzo oltre il ponte.
«Avete perso conoscenza» la informò impassibile come se fosse nell’ordine del mondo conosciuto reggerla tra le braccia, camminando tra le calli.
«Non mi succede mai» disse Lorenza con convinzione «ora posso camminare, mettetemi giù.»
Fissò il profilo lucido e impenetrabile.
«Avete ripensato a ciò che vi è accaduto? A quegli uomini, a quello che stavano per farvi?» Le chiese lui ignorando la sua protesta.
A Lorenza venne la pelle d’oca.
Le aveva letto nel pensiero ma le pulsazioni del suo cuore non aumentarono per timore o perché ancora era alla sua mercé. Il suo cuore pulsava perché aveva deciso il quel momento che avrebbe scoperto a tutti i costi chi si celava dietro a quella bauta che camminava risoluta, una donna tra le braccia, verso il cuore della città, indifferente ai festeggiamenti e lasciandosi Rialto alle spalle.
«Dove mi portate?» Gli chiese agganciandosi al collo per sistemarsi meglio. Stava così bene lì. Peccaminoso e impudico, ma giusto.
«Penserete che sono una sfacciata» bisbigliò.
«Non penso nulla se non che gli avete tenuto testa il tempo sufficiente per potervi raggiungere.» Rispose lui che aveva sentito attraverso i vestiti, la pelle, i muscoli, tutti i fremiti del corpo delizioso che stringeva.
«Ora state buona, tra non molto saremo arrivati. Ho già detto che dovete fidarvi di me. Non abbiate paura.»
«Chi siete?»
Lui non rispose ma continuò a camminare fino a un bel palazzo decorato da bifore nivee, incassato nell’angolo di un campiello con un pozzo al centro. Lorenza a quel punto aveva appoggiato il capo sulle spalle confortanti.
«Bussate alla porta.»
Riluttante, fu costretta a sciogliere la presa. Allungò un braccio e con le nocche colpì il portoncino di legno scuro. La porta si aprì quasi subito e un silenzioso maggiordomo, dopo averli squadrati impassibile, si fece da parte per farli passare.
«Eccellenza…»
«Fabio, portate un corroborante per la signorina. Ha avuto un piccolo incidente, saremo nel salotto.»
Poi si rivolse a Lorenza, la larva sempre inespressiva.
«Ora dovrete reggervi da sola. Ce la fate?»
Il primo pensiero coerente di Lorenza fu che voleva restare lì, tra le sue braccia ma il buon senso ebbe la meglio e scivolò giù, sentendosi d’improvviso privata di qualcosa.
Nel salotto il fuoco scoppiettava, i ciocchi profumavano l’aria di resina e di legno. Lorenza si rilassò sprofondando su una poltrona foderata di stoffa rossa.
La bauta restò in piedi senza togliersi né il tabarro, né il tricorno, neppure la larva che rimase al suo posto sopra al volto, sinistra e, all’apparenza, insignificante.
«Riposatevi tutto il tempo che riterrete necessario.»
«Non avete risposto alla mia domanda, signore. Voglio sapere il vostro nome. Io sono la baronessa Lorenza Marianin. Per avermi salvata avrete una ricompensa.»
«Il vostro sorriso è la sola ricompensa che voglio.»
Il maggiordomo entrò con un vassoio.
Lorenza annusò la tazza e il profumo delicato della bevanda contenuta la investì. Aveva sentito parlare di quell’esotico intruglio che veniva dall’Oriente ma pochi, a Venezia, l’apprezzavano.
«E’ solo tè, una bevanda corroborante. Bevetene qualche sorso, vi sentirete meglio.»
«Marietta sarà in ansia, non ho voluto darle retta» rifletté lei sorseggiando il liquido d’ambra, spiandolo con le palpebre socchiuse. Aspettava che le mani slegassero i lacci che tenevano la maschera al suo posto.
Ma, quando lui si mosse, cominciò a sfilarsi i guanti.
Lorenza ne fu incantata: dava una leggera tirata all’estremità di ogni dito, uno dopo l’altro. Un gesto lento, sensuale.
Le mani apparvero, la sola parte del suo corpo che le fosse consentito di vedere. Mani dalle dita lunghe, forti, ben curate.
«Volete che mandi a cercare la vostra cameriera o preferite che vi riaccompagni da lei?»
Lorenza non rispose. Trattenne il fiato nella febbrile attesa che togliesse anche la maschera.
Con quelle mani, con quelle dita.
Ma non lo fece.
«Non togliete la larva?»
«No.»
«Perché?»
«Vi infastidisce forse?»
«Certo. Voglio vedervi il viso, mi avete salvata.»
Lui incrociò le braccia sul petto, il tabarro nero si spalancò. Indossava una giacca nera, una camicia e una cravatta candida di pizzo raffinato che si annodava con eleganza proprio sotto lo spiovente della maschera.
La giacca tirava sulle braccia quasi gli fosse stata cucita addosso.
Avrebbe voluto avvicinarsi e toccarlo solo per provare che esisteva, che non era frutto della sua fantasia né della sua incoscienza, che quella maschia solidità poteva salvarla, rassicurarla, proteggerla.
Durezza, contro la sua carne più arrendevole.
«Credetemi, non ne vale la pena.» Dichiarò lui, risoluto.
«Questo devo essere io a deciderlo.»
«Deciderò io per voi, baronessa.»
«Sapevate già chi fossi là in quel vicolo.»
«Ho sentito quando facevate la vostra presentazione.»
Lorenza sussultò.
«Da quanto eravate lì?»
«Abbastanza da capire che avete tentato di giocarlo. Ma due per voi erano troppi.»
Lorenza non seppe trattenersi.
«Voi eravate solo.»
Lei ebbe l’impressione che stesse sorridendo sotto la larva.
«Era sufficiente con quei due, credetemi.»
Il tè era buono. Lorenza ne ingoiò un sorso e sperò che lui associasse il rossore delle gote al calore della bevanda.
«Vi prego, accontentatemi» gli chiese ancora, testarda.
«Siete solo curiosa e oggi rimarrete delusa.»
Lorenza appoggiò la tazza sul tavolino, un discreto tintinnio e poi rimase solo il crepitare del fuoco, i suoi passi attutiti dal tappeto.
Caparbia gli si piantò davanti.
Alto, immobile, paziente.
Fu costretta a mettersi in punta di piedi, allungò un braccio ma una presa decisa le bloccò la mano.
«Oggi obbedirete.»
«Avete gli occhi scuri? O è solo l’illusione del riflesso? Voglio guardare meglio.»
Le dita di lui si insinuarono tra le sue separandole una a una, per stringersi salde attorno al palmo. Lorenza percepì la sua determinazione.
Il pollice dal polpastrello ruvido, caldo, cominciò ad accarezzarla. Un lento circolo, un erotico massaggio che le diede i brividi.
«Oggi obbedirete» ripeté lui con voce simile a un sussurro.
Lei divenne come morbida cera, era vittima di un sortilegio. Alzò il viso su quel disarmante anonimato.
«Toglietela» bisbigliò suadente.
«No. Ora vi riporterò dalla vostra cameriera.»
«Siete un indovino forse? Come pensate di trovarla in quella folla?»
«Ho trovato voi quando avevate bisogno di me. Questo è ciò che importa.»
«Non è necessario che mi scortiate ancora. Sono in grado di badare a me stessa.»
Troppo tardi ebbe la decenza di abbassare gli occhi. La sua mano era sempre prigioniera.
«Sì, devo ammetterlo. Nella calle avevate tutto sotto controllo» la prese in giro lui.
«Non mi avrebbero fatto nulla, sarei riuscita a convincerli.» disse senza crederci davvero. Voleva provocarlo, intaccare quel suo impassibile distacco.
«Peccato abbia interrotto le vostre trattative, damigella. La prossima volta sarò più discreto. Vedo che avete ripreso colore e padronanza.»
La carezza finì e la bauta si allontanò, diretta verso la porta. La mano nuda sulla maniglia l’altra, con un gesto eloquente, le indicò il corridoio che si intravedeva attraverso lo spiraglio.
Attese.
Lorenza non voleva andarsene. Voleva restare, conoscere il suo nome, scoprirne il viso ma lui si avviò, non le lasciò scelta e fu costretta a seguirlo controvoglia.
«Aspettatemi!»
Era impellente il bisogno di toccarlo così scese di corsa i tre gradini e allungò la mano cercando quella di lui tra le volute di stoffa del tabarro. Come compiendo un gesto consueto, la bauta ricambiò la stretta e camminarono così, fino a Rialto.
«Le nostre strade si dividono qui, baronessa.»
«Mi lasciate sola?»
«Voi siete una vergine guerriera, non temete nulla.»
«Mi prendete in giro.»
«Sono serissimo. Nessuno vi toccherà. Quella non è Marietta? Io vi seguirò da lontano fino a quando sarete al sicuro.»
Lorenza aguzzò la vista e vide Colombina abbattuta sul sedile di legno di una bottega. Aveva il viso rigato di lacrime, i capelli sciolti e il vestito sciupato. Qualcuno le porgeva un bicchier d’acqua.
«Povera Marietta sarà distrutta» fece per raggiungerla senza lasciare la presa calda e asciutta ma la bauta la trattenne.
«Addio, Lorenza.»
«No! Venite con me, vi supplico.»
«Non lo farò. Andate, anche vostro padre sarà in ansia.»
«Come fate a sapere…?»
«Non ha importanza alcuna. Non otterrete nulla, neppure quando conoscerete il mio nome.»
Era irritante non vedere la sua espressione.
«Mi sentirò male, quando ve ne sarete andato.»
«Non fate la sciocca. Oggi non è successo nulla. Quegli uomini non vi hanno toccato che qualche lembo di pelle. Non hanno avuto né il vostro cuore, né la vostra anima.»
Lorenza si irrigidì conscia che, se non fosse stato per lui, la sua vita sarebbe cambiata ben in peggio.
«Credo siate sul punto di dire qualcosa di spiacevole, di cui potreste pentirvi. Siate coraggiosa e dimenticherete» la prevenne lui mentre le sollevava il mento verso l’alto per ammirarne il profilo.
«Non vi dimenticherò mai» si affannò a dire Lorenza incespicando nelle parole «ho il diritto di sapere il vostro nome, ditemi qualcosa, non lasciatemi andar via così.»
Lui percorse la linea pulita del naso, quella della mandibola e poi le strofinò le labbra con il pollice con una ruvida e sensuale tenerezza.
Lorenza, donna senza criterio, le dischiuse e lasciò che quel dito passasse più volte su quella parte morbida e arrendevole di lei. Si sentiva bene, protetta, disponibile. Era una meraviglia, un incanto.
«Lasciarvi andare è la cosa più penosa di questo mondo ma…» la voce di lui era un sussurro roco, la metà di un sospiro trattenuto «…dovete saperlo. Se volessi trattenervi, nessuno sarebbe in grado di liberarvi. Nessuno. E allora sareste davvero in pericolo.»
Si ritrasse proprio mentre Lorenza sentiva le gambe cederle e un fuoco liquido scivolarle nel ventre, al centro esatto del suo essere.
«Con voi niente mi fa paura» ed era vero, dio del cielo, era vero.
«Cosa ve lo fa credere? Cosa vi fa credere che io sia meglio di quei due che vi hanno assalito?»
«Avete detto di fidarmi di voi,» replicò in un soffio lei «l’ho fatto e lo rifarei ancora.»
«Non avete visto il mio viso, non avete visto i miei occhi. Gli occhi sono lo specchio dell’anima e dietro a questa maschera, dietro a questi occhi, potrebbe esserci chiunque. Anche l’anima di un mostro.»
«So che non è così.»
«Dimenticatemi.»
«Non lo farò. Vi siete pentito di avermi salvata?»
La risposta dell’uomo misterioso venne soffocata da un urlo.
«Signorina! Gesù Santissimo che spavento mi avete fatto prendere. Ma che avete fatto ai vostri vestiti? E i capelli? E’ così tardi. Vostro padre sarà furioso. Povera me, povere noi.»
Marietta, stravolta dall’ansia, la prese per le braccia palpandola ovunque.
«Vi siete fatta male? Ma dov’eravate finita? Avrà scoperto la nostra assenza ormai. Dobbiamo subito lasciare questo luogo di pazzia.»
Solo in quel momento sembrò accorgersi dell’ombra nera che le sovrastava e indietreggiò all’improvviso, con un gemito.
«Vedo che siete in buone mani, damigella. Vi lascio alla vostra cameriera che ha più buon senso di voi.»
Lorenza stava per replicare ma lo sconosciuto si voltò, subito ingoiato dalla calca.
«Chi era quell’orribile bauta, signorina? Ha osato mancarvi di rispetto? Siete così pallida, quel bruto mette i brividi solo a vederlo.»
«Non è successo nulla, Marietta. Sono solo frastornata. Hai ragione, andiamo via.»
Che tono triste, che magone aveva la padrona pensò Marietta ma qualsiasi cosa le fosse capitata l’avrebbe scoperta più tardi. Quello era il momento di guadagnare senza indugio la strada di casa e lasciare quel luogo di perdizione.
Lorenza la seguì docile ma si voltò più volte indietro sperando di scorgere la figura tenebrosa della bauta, che le seguiva.
Non la vide, era sparita.
Quasi correndo svoltarono in una calle stretta, attraversarono il Ponte dei Pignoli e poi, lungo le fondamente che costeggiavano il canale, si diressero verso San Marco.
Lorenza era passiva nella presa di Marietta. Una profonda malinconia la investì, un senso di vuoto e di fatalità che la lasciò spossata.
Sentiva su di sé solo la sensuale carezza di quel dito che, ancora, le sfiorava le labbra.



(Liberamente tratto dal romanzo “Il Gioco dell’Inganno” ©2011 By Adele Vieri Castellano
Proprietà letteraria e artistica riservata - Vietata la riproduzione anche parziale del testo)





L'autrice:
Adele Vieri Castellano ha pubblicato per Leggereditore il suo primo romanzo storico, "Roma 40 d.C. Destino d’amore", dopo aver vinto il concorso di racconti indetto dalla stessa casa editrice nel 2011. Nel gennaio 2013 è uscita con il secondo
libro della serie "Roma 42 d.C. Cuore Nemico". Nata a metà degli anni Sessanta, ha vissuto per anni in Francia e ha due punti ben saldi nella sua vita: la lettura e la scrittura. Vive a Milano, con tre gatti e un computer portatile. Nonostante le traduzioni, l’editing di libri, gli articoli e i romanzi che affollano le sue giornate, non dimentica mai le amiche. Perché senza di loro, il suo sogno non si sarebbe realizzato.
 
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A&P
view post Posted on 12/2/2013, 13:44




Scritto in modo magistrale, questo è un racconto che ci fa chiedere di più.
La Castellano cattura non solo per il suo stile maturo e sicuro, ma anche per l'impegno e l'accuratezza che traspaiono da ogni riga.
L'attenzione ai particolari, la ricostruzione storica precisa, le descrizioni affascinanti ed evocative, denunciano un lavoro di ricerca che rende grande questa scrittrice che non si perde mai nell'approssimazione o nell'inesattezza.
Ed è anche da questo che si giudica la maturità e la passione di uno scrittore. Uno scrittore che ama il proprio lavoro e le proprie storie nobilita i suoi personaggi e lo spazio in cui si muovono attraverso la verità.
Questo estratto parla di verità, parla di vita, e allora ci immedesimiamo e viviamo guidati dalla fantasia di questa autrice unica.
Bravissima Adele e grazie per averci onorato con questa splendida storia che sicuramente molti come me non vedono l'ora di leggere nella sua interezza.
COMPLIMENTI
 
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view post Posted on 12/2/2013, 17:10
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Sono fatta così...un enigma avvolto in un indovinello e confezionato in un paradosso!

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Non posso non quotare quello scritto sopra da Angela.
Bellissimo estratto, molto coinvolgente. In poche pagine già si delinea una trama interessante, un amore "impossibile" e la prospettiva di un matrimonio combinato ma disastroso.
La curiosità è alle stelle e spero che presto potremmo leggere il seguito.
Complimenti Adele!!!
:Lucia: :Lucia:
 
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Christiana V
view post Posted on 12/2/2013, 20:48




Mi sa che qui siamo tutte d'accordo. Decisamente una testa di serie
 
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AdeleVCastellano
view post Posted on 13/2/2013, 15:03




Grazie per avermi dato la possibilità di pubblicare questo estratto. :D Spero presto di farne un libro cartaceo per la mia gioia e per farvi sognare con questi personaggi che ho amato molto. E ovviamente vi ringrazio dei commenti che mi lusingano e mi rendono felice: scrivo per condurvi per mano nel mio mondo immaginario e se riesco a farlo, se anche voi sognate con me... ...questa è la migliore ricompensa!! :wub: :grazie:

Un forte a bbraccio!
 
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Christiana V
view post Posted on 13/2/2013, 16:32




CITAZIONE (AdeleVCastellano @ 13/2/2013, 15:03) 
Grazie per avermi dato la possibilità di pubblicare questo estratto. :D Spero presto di farne un libro cartaceo per la mia gioia e per farvi sognare con questi personaggi che ho amato molto. E ovviamente vi ringrazio dei commenti che mi lusingano e mi rendono felice: scrivo per condurvi per mano nel mio mondo immaginario e se riesco a farlo, se anche voi sognate con me... ...questa è la migliore ricompensa!! :wub: :grazie:

Un forte a bbraccio!

Mia cara, noi vogliamo SOGNARE e tu ci dai questa opportunità.....grazie a te
 
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adriana*
view post Posted on 14/2/2013, 17:53




che cosa????? ci lasci a bocca asciutta? non si fa così!!!! io sono curiosa, chi è il salvatore? che ruolo ha o avrà nella vita di Lorenza?
troppe domande, troppa curiosità.... bravissima adele meraviglioso estratto
 
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view post Posted on 21/2/2013, 16:22
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… la vita e i sogni sono fogli di uno stesso libro: leggerli in ordine è vivere, sfogliarli a caso è sognare …

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Quel ramo del lago di Como, che volge a mezzogiorno, tra due catene non interrotte di monti

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:felice: :felice: :felice:

Questo racconto mi ha veramente affascinata!!! E anche io non vedo l'ora di leggere tutta la storia!!! Ho troppe domande che pretendono una risposta!!!

 
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artemisia
view post Posted on 26/2/2013, 16:14




:occhioni: Ti adoro !!!
 
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Kiky192
view post Posted on 4/4/2013, 18:17




Chi è???? CHI E'?????????? Devo assolutamente saperlo!! E' fantastico! Bellissimo! Attira e, soprattutto, "trattiene" l'attenzione da subito!!! *___*
 
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AdeleVCastellano
TOPIC_ICON12  view post Posted on 5/4/2013, 18:23




CITAZIONE (Kiky192 @ 4/4/2013, 19:17) 
Chi è???? CHI E'?????????? Devo assolutamente saperlo!! E' fantastico! Bellissimo! Attira e, soprattutto, "trattiene" l'attenzione da subito!!! *___*

Carissima Kiky192, è un mio romance inedito ambientato nella Repubblica di Venezia nel 1796/97, quando la Serenissima cadde nelle mani di Napoleone. Chissà che prima o poi Leggereditore non lo pubblichi... il titolo? Il Gioco dell'Inganno e sul BLOG "La mia Biblioteca Romantica" ne trovi un vecchio estratto... buona lettura e grazie per averlo letto e per i complimenti.

Un abbraccio!

:saluti:
 
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view post Posted on 30/4/2013, 13:59

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Aaaaaah stupendo ne voglio ancora !! Si sa niente di una sua eventuale pubblicazione anche in e-book?
:grazie: :Lucia:
Troppe domande senza risposta chi è il misterioso Salvatore come l'ha raggiunta perché non si è voluto togliere la maschera e ora ? Sono in crisi di astinenza ne voglio di più !!! :amolostaff: :sbav2: :Love: :No!:
 
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view post Posted on 30/4/2013, 14:03
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Sono fatta così...un enigma avvolto in un indovinello e confezionato in un paradosso!

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CITAZIONE (g87 @ 30/4/2013, 14:59) 
Aaaaaah stupendo ne voglio ancora !! Si sa niente di una sua eventuale pubblicazione anche in e-book?
:grazie: :Lucia:
Troppe domande senza risposta chi è il misterioso Salvatore come l'ha raggiunta perché non si è voluto togliere la maschera e ora ? Sono in crisi di astinenza ne voglio di più !!! :amolostaff: :sbav2: :Love: :No!:

:D
Speriamo tutti che il romanzo da cui è tratto questo estratto possa essere pubblicato al più presto. Ancora non sappiamo niente di certo ma sono sicura che Adele non mancherà di aggiornarci ;)
 
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milenato
view post Posted on 24/6/2013, 16:06




Bellissimo incip! La tecnica narrativa di una scrittrice " pronta" emerge manifesta. Ho intuito la natura riccamente emotiva della Castellano che ama, però, descrivere scene forti ( che io non amo) dove regna incontrollata anche la violenza e brutalità. Ciò in questo estratto emerge sfumato e, infatti, mi ha maggiormente coinvolto, rispetto alle sue produzioni in libreria. Milena
 
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view post Posted on 24/6/2013, 16:25
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Sono fatta così...un enigma avvolto in un indovinello e confezionato in un paradosso!

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Per tutti voi che avete amato questo racconto, che come sapete è un estratto inedito tratto da "Il gioco dell'Inganno", posso allietarvi finalmente con una notizia in anteprima.

E' ufficiale: novembre 2013 - Adele Vieri Castellano & Leggereditore presentano:

"Il gioco dell'Inganno"



Non siamo nulla di più che una sequenza in movimento
Giochi di ombre proiettati su uno sfondo;
La lanterna magica di un illusionista
Ci da vita a mezzanotte, per il suo spettacolo.
Omar Hayyām, Quartine


Venezia, 1796

Sullo sfondo delle calli, dei palazzi e della suggestiva laguna la storia d’amore tra una nobildonna e un'enigmatica bauta, la più fosca maschera del Carnevale di Venezia. Chi si nasconde dietro all'impenetrabile volto di cartapesta? Un aristocratico, un assassino, una spia al soldo della Serenissima? Vite che si intrecciano, colpi di scena mozzafiato, un uomo misterioso che renderà il destino di Lorenza diverso da tutti gli altri…
 
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15 replies since 12/2/2013, 12:48   1419 views
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