Capitolo 2, "Archangel's Blade" di Nalini Singh

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Christiana V
view post Posted on 23/9/2013, 14:04




ARCHANGEL'S BLADE




LE NOSTRE TRADUZIONI SONO LAVORI AMATORIALI TOTALMENTE ESEGUITE DAI NOSTRI UTENTI E SENZA SCOPO DI LUCRO.
SONO RISERVATE ESCLUSIVAMENTE AI NOSTRI UTENTI ED E' ASSOLUTAMENTE VIETATO PRELEVARE QUESTE TRADUZIONI, INTERAMENTE O PARZIALMENTE, PENA IL BAN.



Tradotto da Lucy85



Revisione a cura di Christiana V







Capitolo 2



La Torre, completamente illuminata, dominava lo skyline di Manhattan, una struttura che penetrava le nuvole e dalla quale l’arcangelo Raphael governava il suo territorio. Honor si tirò la borsa del portatile sulla spalla, dopo aver pagato il tassista, e alzò lo sguardo. Le loro ali delineate contro un cielo notturno disseminato di diamanti, angeli che atterravano e altri che s’innalzavano in volo. Lei non poteva scorgere nulla oltre la struggente bellezza delle loro sagome, ma visti da vicino, erano tanto inumani quanto sensazionali – anche se il detto della Corporazione era: “Non avete visto nulla di inumano finché non vi siete trovati faccia a faccia con Raphael”.
A causa delle diverse competenze, e quindi diversi incarichi, Honor aveva conosciuto Elena solo di sfuggita, e non poteva immaginare come l’altra cacciatrice riusciva a cavarsela con un arcangelo come amante. Certo, in quel preciso istante, lei avrebbe preferito trattare con Raphael piuttosto che con l’uomo che stava per incontrare… un uomo che era sia un incubo che un sogno oscuro e seducente.
Sforzandosi di allontanare lo sguardo dalla fuga illusoria dei cieli, strinse i denti e mantenne lo sguardo fisso davanti a sé mentre avanzava verso l’ingresso della Torre – presidiato da un vampiro che indossava un abito nero ben delineato e avvolgenti occhiali da sole. Le si seccò la gola nell’istante in cui si fermò davanti a lui, lo stomaco sottosopra, e per un istante, macchie scure riempirono la sua visuale.
No. No. Non sarebbe svenuta di fronte a un vampiro.
Mordendosi duramente la lingua al punto da avere le lacrime agli occhi, risistemò la cinghia della borsa e guardò in quegli occhiali da sole per vedere il riflesso della sua stessa faccia. “Devo incontrare Dmitri.” La sua voce era bassa, ma non tremava e questa era già di per sé una vittoria.
Il vampiro aprì la porta con una presa decisa. “Seguimi.”
Lei sapeva che sarebbe stata circondata da quasi immortali nel momento in cui fosse entrata nell’area di sicurezza della Torre, ma era stato più facile mentire a se stessa su questo fatto quando lei non poteva vederli. Non c’erano altre opzioni. Quello di fronte a lei, le spalle coperte da una giacca che gli si adattava perfettamente, la pelle della stessa tonalità della cannella che parlava del continente indiano, era semplicemente il più vicino. Diversi erano vicino agli angoli dell’immenso atrio dominato da un marmo grigio venato d’oro, eleganti predatori di guardia. Poi c’era la bellissima donna seduta al tavolo della reception, nonostante l’ora tarda.
La donna sorrise a Honor, gli occhi castani dal taglio a mandorla esprimevano un caldo benvenuto.
Honor cercò di ricambiare il sorriso, perché la sua parte razionale sapeva che non tutti i vampiri erano uguali, ma il suo viso sembrava come se si fosse congelato sul posto. Invece di sforzarsi, si concentrò nel mantenere se stessa intera ai livelli base.
“Lei non è ricettiva. Catatonica.” “La prognosi?”
“Non c’è modo di saperlo. So che non dovrei dirlo ma una parte di me pensa che sarebbe stato meglio se lei fosse morta.”
Sdraiata, intenta a fissare il buio in un futile sforzo di combattere il terrore rancido che la inseguiva nei suoi sogni, Honor si era ritrovata spesso a pensare che quel dottore senza volto aveva ragione, ma stasera il ricordo portò un’altra emozione.
Rabbia.
Un’emozione sorda e palpitante che la sorprese.
Io sono viva. Ce l’ho fatta, cazzo. Nessuno ha il diritto di portarmela via.
Lo stupore alla sua furia era tale da guidarla fino all’ascensore – intrappolata in una piccola gabbia con un vampiro che indossava un completo Armani e aveva un aura di potere che affermava che non era una semplice guardia.
Quando le porte si aprirono per lasciarli su uno spesso tappeto nero, le scintillanti parete dipinte della stessa tonalità della mezzanotte, lei trattenne il respiro. C’era una pulsazione sessuale in quel posto che ronzava appena sotto la superficie – le rose erano sontuose e rosso sangue in contrasto al colore scuro, nel punto dove si trovavano, nei loro vasi di cristallo su dei piccoli, eleganti, tavoli di un nero scintillante, la moquette troppo spessa per essere puramente decorativa, la vernice brillante con riflessi d’oro.
L’opera d’arte lungo la parete era una furia rossa ritratta nella sua crudele ferocia.
Sensuale.
Bellissima.
Letale.
“Da questa parte.”
Col sangue che pulsava in un modo che lei sapeva non essere sicuro in una compagnia dei Creati, seguì la sua guida tenendosi due passi indietro – in modo da essere pronta, qualora avesse mirato alla sua gola. La pistola era in una fondina ascellare nascosta sotto la sua felpa grigia preferita, il pugnale in un fodero aperto sulla coscia, ma ne aveva altri due assicurati alle braccia. Non sarebbe stato abbastanza, non contro un vampiro che l’istinto e l’esperienza le dicevano avesse più di duecento anni, ma almeno se ne sarebbe andata combattendo.
Fermandosi di fronte ad una porta aperta, lui la salutò prima di dirigersi nuovamente all’ascensore.
Lei fece un passo dentro…e si congelò.
Dmitri stava in piedi dall’altro lato della pesante scrivania in vetro, l’orizzonte di Manhattan che scintillava alle sue spalle, la testa piegata, ciocche setose di capelli neri che carezzavano la fronte mentre studiava un foglio di carta che aveva in mano.
La sua mente tornò indietro nel tempo. Prima… molto tempo prima… lei era stata affascinata da quest’unico vampiro, anche se lo aveva solo visto da lontano o sullo schermo del televisore. Aveva anche fatto un album di ritagli delle sue apparizioni – al punto che aveva iniziato a sentirsi come uno stalker malato e aveva bruciato tutto quanto.
Non era riuscita a liberarsi di quella strana, irrazionale compulsione che sentiva verso di lui da quando aveva memoria. Niente era servito per sbarazzarsene… tranne quell’umido, sporco scantinato e il terrore. Quello aveva annebbiato ogni cosa, ma ora si chiese se lei non fosse sempre stata leggermente sgangherata, era stata così ossessionata da un estraneo che si sussurrava avesse una predilezione per una crudeltà sensuale, che ricavava piacere dal dolore.
Allora lui alzò lo sguardo.
E lei smise di respirare.
Dmitri vide la donna sulla soglia in un caleidoscopio di immagini. Soffici capelli color ebano raccolti alla nuca, ma che promettevano una cascata selvaggia di ricci. Ossessionanti – ossessionati – occhi di un verde profondo sollevati agli angoli. Pelle marrone chiaro che lui sapeva si sarebbe trasformata nella tonalità calda del miele al sole.
“Sei nata alle Hawaii?” chiese, ed era una domanda strana da porre a una cacciatrice venuta per un consulto.
Lei sbatté le palpebre, le lunghe ciglia che momentaneamente schermarono quegli occhi che parlavano di foreste distanti e gemme nascoste. “No. In una qualche città lontana dall’oceano.”
Lui si ritrovò ad aggirare la sua scrivania in vetro e acciaio per avvicinarsi a lei. Per un istante, pensò che sarebbe inciampata all’indietro per uscire nel corridoio, ma allora irrigidì la schiena e mantenne la sua posizione. Era consapevole della paura – acuta e acre – presente dietro i suoi occhi, ma si spostò intorno a lei per chiudere la porta.
Permetterle di uscire non era un’opzione.
Quando tornò indietro per guardarla in faccia ancora una volta, la brutta crepa di paura era stata messa sotto un rigido controllo, ma il suo respiro era ansante, il suo sguardo sfuggiva al suo quando cercava di catturarlo. “Il tuo nome?”
“Honor.”
Honor. Lui assaporò il nome, decidendo che le si addiceva. “Cacciatrice nata?”
Scosse la testa.
Nessuna sorpresa. Elena probabilmente aveva avvertito la Direttrice della Corporazione circa la sua abilità di lanciare scie di un profumo gustoso per sedurre e attirare quei cacciatori che erano nati con l’abilità di individuare i vampiri nel sangue. Sara difficilmente gli avrebbe mandato una preda fresca. Ma questa donna, questa Honor… lui voleva usare il suo profumo dolcissimo su di lei fino a che non si fosse arrossita e illanguidita, la sua eccitazione un muschio inconfondibile contro i suoi sensi.
Era l’istinto a garantirgli che non stava mentendo – emanò uno sbuffo intossicante di champagne e desiderio fuso come oro, orchidee sotto la luce lunare, bacche ricoperte di cioccolato che baciavano la pelle della donna. Honor scosse un po’ la testa, un movimento a malapena percettibile che si rifletteva sulle rughe sulla fronte.
Così, non era abbastanza forte da identificare se stessa, o essere classificata dalla Corporazione come cacciatrice nata, ma abbastanza da essere leggermente suscettibile alle lusinghe del profumo. Non fu sorpreso della scoperta, avendo incontrato qualcun altro come lei durante i secoli in cui aveva sviluppato il suo talento – sembravano essere attratti dalla Corporazione, a prescindere dal fatto che portassero solo una goccia del gusto per la caccia nel sangue. Questo, naturalmente, voleva dire che non poteva sedurre Honor facilmente come avrebbe fatto con un varo cacciatore nato… ma il profumo non era l’unica arma nel suo arsenale quando si trattava di sesso.
Osservandola nuovamente, notò il battito irregolare della vena sul suo collo, ma fu soprattutto lo strato di pelle che ricopriva quel punto a catturare la sua attenzione.
“Chiunque si sia permesso di cibarsi da te,” disse con un lieve sussurro, ben consapevole che suonava come una minacciosa carezza, “non è stato molto delicato.”
Le sue cicatrici indicavano un vampiro che voleva lacerare e devastare.
La mano si strinse attorno alla maniglia della borsa che portava sulla spalla.
“Questo non ti riguarda.”
Sorpreso che lei avesse trovato il coraggio di parlargli nonostante il terrore che l’attanagliava, crudo e sanguinante, sollevò un sopracciglio. “Sì, invece.” Lui si era portato a letto più di una donna bellissima, lasciandone alcune singhiozzanti di piacere, ad altre, con una sensualità crudele, aveva insegnato a non tentare mai più di giocare con lui. Honor non era bellissima. C’era troppa paura in lei. A Dmitri avrebbe fatto piacere un po’ di dolore a letto, ma la maggior parte delle volte preferiva che anche le sue partner si divertissero.
Questa cacciatrice spezzata, con il suo terrore che rendeva l’aria caustica, avrebbe tremato e si sarebbe frantumata come vetro al primo tocco della sua bocca. Eppure lui voleva far scorrere le dita su quella pelle nata per essere baciata dal sole, tracciare le sinuose curve delle sue labbra, la lunga linea del suo collo, la compulsione era talmente forte da fungere come avvertimento. L’ultima volta che aveva dato retta al suo cazzo piuttosto che alla sua testa, era quasi diventato l'assassino domestico di un arcangelo.
Voltandosi, tornò indietro verso l’ampia ed elegante scrivania e tirò su il sacco della spazzatura dal pavimento. “Immagino che tu abbia qualche esperienza di tatuaggi?”
Aggrottando la fronte, la confusione dissipò momentaneamente quell’emozione ben più sgradevole che lui aveva percepito fino a quel momento. “No. La mia specialità è in lingua e storia antica.”
Intelligente la Direttrice della Corporazione. “In questo caso, dimmi tutto ciò che puoi su questo inchiostro.” Usando i guanti questa volta, lui estrasse la testa e la posò sul sacchetto, il moncone aderì alla plastica con un risucchio.
La cacciatrice barcollò all’indietro, gli occhi chiusi di fronte a quella prova di violenza agghiacciante.
Quando tornò a posare il suo sguardo su di lui, vide una furia cieca sul quel viso, che aveva già dato prova di essere così espressivo, al punto che si chiese se lei avesse mai vinto una partita di poker in tutta la sua vita.
“Pensi che sia divertente?”
“No.” Era la verità. “Sembrava inutile metterlo nel freezer dal momento che eri per strada.”
Era una cosa talmente inumana da dire che Honor impiegò un minuto per riprendersi. Perché il fatto era che, a discapito della sua mascolina bellezza oscura e la parlata moderna, lei non stava fronteggiando un umano. Neanche lontanamente. “Quanto sei vecchio?” Le speculazioni dei media andavano dai quattro ai seicento anni, ma in quell’istante, lei sapeva che si sbagliavano. E di tanto. Un debole sorriso le fece alzare i peli sulla nuca. “Vecchio abbastanza da spaventarti.”
Si. Lei era stata intrappolata con vampiri che avevano voluto solo ferirla, e anche ora portava le cicatrici del loro abuso, ma mai era stata davanti a qualcuno che le faceva gelare il sangue nelle vene con la sola presenza. Eppure, anche se si sapeva che lui era un potente figlio di puttana, spietato come una lama lucente, Dmitri lavorava bene nel mondo umano. Il che voleva dire che poteva nascondere quella verità letale quando voleva, ma questo era ciò c’era sotto il suo abito nero civilizzato – un uomo che guardava una testa mozzata con la stessa intensità che avrebbe usato per una palla da bowling.
Tenendolo a mente, lei poggiò la borsa con il suo computer sul vetro della scrivania, visto che non c’erano sedie da quel lato, e forzò se stessa ad avvicinarsi alla testa decapitata. “È stato in acqua?” La pelle era bagnata e polposa, raggrinzita e bianca – un ricordo osceno di ore felici trascorse nella vasca da bagno.
“Hudson.”
“Dovrebbe essere analizzato da un apposita squadra forense,” mormorò, cercando di vedere completamente le linee del tatuaggio. “Ho bisogno di accedere alle apparecchiature del laboratorio in modo che possa –“
Mani guantate entrarono nella sua visuale, spingendo la testa indietro nel sacco della spazzatura. “Seguimi, coniglietto.”
Il calore le bruciò nel ventre, diffondendosi fino al viso, ma lei afferrò il suo laptop e fece come ordinato.
La sua schiena era solida e forte di fronte a lei, i capelli brillavano di un ricco, evocativo nero sotto le luci. Quando lei non gli si affiancò, le indirizzò uno sguardo divertito da sopra la spalla – a parte che la risata non raggiunse quegli occhi attenti che sussurravano epoche lontane. “Ah, una donna vecchio stampo.”
“Cosa?” Tutta la sua concentrazione era rivolta a respirare, il corpo vicino al sovraccarico di adrenalina.
“Ovviamente credi nel camminare tre passi dietro a un uomo.”
Stava andando oltre la tentazione di prendere una lama. O forse la sua pistola.
Sorridendo, come se le avesse letto nella mente, si diresse verso un ascensore differente da quello che lei aveva utilizzato per salire e, togliendosi uno dei guanti, posò il palmo sullo scanner. Il pad s’illuminò di verde per un secondo prima che le porte si aprissero e lui le facesse cenno di entrare. Lei si rifiutò di entrare. Forse lui era così vecchio che lei non aveva la benché minima speranza di sconfiggerlo se lui fosse entrato dopo di lei – ma la logica non aveva alcuna possibilità contro l’istinto primordiale insito, quello che sapeva che i mostri potevano ferirti facilmente se tu non li vedevi arrivare.
“E io che volevo essere cortese,” disse lentamente, muovendo un passo all’interno della gabbia d’acciaio e aspettando che anche lei entrasse prima di premere qualcosa sulla tastiera elettronica al lato.
L’ascensore iniziò a scendere a una velocità tale che le fece salire lo stomaco in gola, ma senza spaventarla. Era la creatura che si trovava nell’ascensore con lei che lo faceva. “Smettila,” disse a se stessa, mentre lui continuava a fissarla con quegli occhi marrone scuro. Sì, lei era stata affascinata da lui una volta, ma da lontano.
Da vicino, lei era consapevole che non era sicuro stare da sola con lui. Lui era, pensava, capace di divertirsi nel farla a pezzi continuando a mantenere la squisita morbidezza della sua voce… prima di iniziare a farle male veramente.
“Il tuo ragazzo,” mormorò, gli occhi che saettarono nuovamente sul suo collo, “ovviamente non si è preso cura di te come avrebbe dovuto.”
Una risata isterica minacciò di fuoriuscire, ma lei la trattenne. Doveva aver sentito la sua paura, ma non gli avrebbe dato nient’altro. “Non hai mai lasciato un tuo marchio, Dmitri?”
Lui si appoggiò contro la parete. “Ogni segno che lascio ha uno preciso scopo.” Un tono sensuale, parole provocanti, ma c’era qualcosa nel suo sguardo mentre lui continuava a fissare la carne devastata del suo collo.
La cicatrice non era così brutta – sembrava proprio come se un vampiro si fosse lasciato andare un po’ troppo mentre si nutriva. Alla fine era stato proprio quello. All’inizio, loro avevano cercato di trattenersi, cercando di non ferirla più del necessario così che lei avesse potuto continuare a provvedere al loro piacere. Questi, i vampiri “civilizzati” che erano stati quasi delicati durante il loro nutrimento mentre lei era nuda e bendata, le loro mani che le accarezzavano i seni, l'interno delle cosce, erano stati i più spaventosi. Ed erano ancora là fuori.
Un’ondata di aria fresca la investì quando le porte si aprirono.
Non avendo mai distolto gli occhi da Dmitri, anche mentre i suoi ricordi avevano minacciato di soffocarla, uscì fuori accanto a lui. La sua attenzione fu catturata dalle pareti di vetro su entrambi i lati, oltre le quali c’erano uffici, computer… e un laboratorio all’avanguardia. “Non ho mai sentito che ci fosse una cosa del genere quaggiù.”
Dmitri si spostò verso il laboratorio. “Una aggiunta recente. Non parlarne o dovrò venire a farti una visita di mezzanotte mentre sei rimboccata bella e al caldo sotto le coperte.”
Ogni muscolo del suo corpo si contrasse a quel commento pigro. “Non ho l’abitudine di spettegolare.”
“Qui.” Depose il sacco di plastica e il suo contenuto su un tavolo d’acciaio. La natura orribile del suo compito avrebbe dovuto sminuire il fascino sessuale che lui sembrava indossare come una seconda pelle – se volevi che il tuo sesso fosse baciato da sangue e dolore. Non lo fece. E lui continuò a essere sofisticato e sexy, una creatura che lei davvero non avrebbe voluto nella sua camera da letto a nessuna ora del giorno o della notte.
Le sue labbra, quello inferiore era pieno abbastanza da tentare una donna con fantasie peccaminose, s’incurvarono come se le avesse letto nella mente. “Hai bisogno di aiuto per staccargli la pelle?”
 
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view post Posted on 25/9/2013, 16:14

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Firenze( e Siena in estate)

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Bel capitolo per la prima volta vediamo le cose anche dal punto di vista di Dmitri e honor mi piace sempre più..attendo con ansia il seguito e grazie per queste chicche che ci aiutando a sopportare l'attesa...
 
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_CallMe*Simo
view post Posted on 25/9/2013, 17:54




oh mio dio me lo mangerei ** favoloso!
 
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3 replies since 23/9/2013, 14:04   119 views
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