Capitolo 3, "Archangel's Blade" di Nalini Singh

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Christiana V
view post Posted on 7/10/2013, 13:46




ARCHANGEL'S BLADE



LE NOSTRE TRADUZIONI SONO LAVORI AMATORIALI TOTALMENTE ESEGUITE DAI NOSTRI UTENTI E SENZA SCOPO DI LUCRO.
SONO RISERVATE ESCLUSIVAMENTE AI NOSTRI UTENTI ED E' ASSOLUTAMENTE VIETATO PRELEVARE QUESTE TRADUZIONI, INTERAMENTE O PARZIALMENTE, PENA IL BAN.



Tradotto da Lucy85



Revisione a cura di Christiana V








Capitolo 3



“No.”
La sua reazione al piano superiore era dovuta allo shock della sua insensibilità – lei non aveva problemi a lavorare da sola su quella macabra scoperta.
“Prenderò gli scatti migliori tra quelli che posso fare, data la condizione della vittima, e lavorerò per lo più su di loro. Ma voglio usare il microscopio anche sul tatuaggio stesso, per essere sicura di non perdere nemmeno il più piccolo dettaglio.”
Molto più a suo agio adesso, tirò fuori la sottile fotocamera digitale che teneva nella tasca laterale della borsa del computer. “Un patologo dovrebbe esaminare la testa prima che prendiamo in considerazione l’idea di rimuovere la pelle.” Cliccò sulla fotocamera. “Conosci qualcuno a cui poter chiedere del tatuaggio?”
Se erano fortunati, poteva avere una fotografia nitida sulla quale lavorare.
“Sì.” Dmitri infilò un guanto rimpiazzando quello che si era tolto in precedenza, tirò fuori la testa dal sacco e tese la pelle sopra lo zigomo dell’uomo mentre lei scattava diverse fotografie ad alta definizione da diverse angolazioni.
“Dovrebbe bastare per ora.”
Mentre lui posizionava la testa su una vassoio così da poter buttare la busta della spazzatura, lei accese il portatile e trasferì le foto sul disco rigido.
Il suo corpo era attento ad ogni suo minimo movimento, per cui era consapevole di come Dmitri stesse mettendo la testa nel congelatore, poi togliendo i guanti e pulendosi le mani. Così quando apparve di fianco alla sua sedia all’improvviso, l’emozione che le risvegliò fu così agghiacciante, così violenta, che parti della sua mente cedettero. E quando le spostò i capelli dal collo per toccare la pelle sensibile della nuca, lei –
Rumore. Uno schianto metallico devastante. Parole.
Ciò di cui era consapevole dopo, era lei in piedi a qualche metro da Dmitri, uno sgabello alto con le gambe d’acciaio giaceva tra loro. Una scia di sangue segnava la guancia di Dmitri, ma gli occhi di lui erano focalizzati sulla porta alle sue spalle. “Fuori!”
Solo quando la porta si chiuse si rese conto che qualcuno aveva cercato di intervenire.
Il sudore le inumidì i palmi delle mani e scorse lungo la spina dorsale.
Ricorda, disse a se stessa, ricorda. Ma era passata, un punto nero intriso nel panico che aveva un gusto acido sulla sua lingua. “Ti ho colpito.”
Alzando la mano, lui si strofinò un dito sulla guancia, allontanandolo poi con una chiazza rosso scuro sul polpastrello. “C’è qualcosa in me che sembra far venire voglia alle donne di usare i coltelli.”
Oh, Dio. Lei abbassò lo sguardo, realizzando che stava tenendo una lama in mano, la punta bagnata. “Non credo che accetterai le mie scuse.” Se ne uscì fuori calma, la sua mente così scioccata da essere intorpidita.
Dmitri fece scivolare le mani nelle tasche e disse, “No, ma puoi pagare per le tue colpe più tardi. Adesso, ho bisogno di tutto ciò che puoi darmi su questo caso.”
“Voglio consultare qualche testo alla libreria dell’Accademia,” rispose lei, sforzando il cervello a ripartire, sebbene le mani si rifiutassero di lasciare il coltello che, apparentemente, aveva estratto dalla guaina sulla coscia.
“Bene. Ma ricorda, coniglietto, non una parola a nessuno.” Le si avvicinò al punto che il suo calore oscuro la lambì, suggerendole una pacata minaccia e fu lieta di avere in mano una lama. “Non sono un uomo simpatico quando sono arrabbiato.”
Lei mantenne la sua posizione, un tentativo maldestro di cancellare l’umiliazione dell’attacco di panico. “Sono abbastanza certa che non sei per niente un uomo simpatico.”
Lui le rispose con un lento sorriso che evocava lenzuola di seta, mormorii erotici, e pelli sudate. L'intento non nascosto del gesto le fece battere forte il cuore contro le costole. “No,” disse, la voce roca.
“Una sfida.” Lui non la stava toccando eppure lei si sentiva accarezzare da migliaia di corde di pelliccia, morbide e seducenti e inequivocabilmente sessuali. “Accetto.”

Dmitri fece quella chiamata un’ora dopo, dovendosi occupare di un’altra faccenda creatasi nel frattempo.
“Sara,” disse quando la direttrice della Corporazione rispose al cellulare.
“Dmitri.” Un freddo saluto. “Di cosa hai bisogno?”
“Di sapere perché la cacciatrice che mi hai mandato ha appena tagliato la faccia.” La ferita era già guarita, ma era un' introduzione perfetta.
Sara prese un respiro. “Se le hai fatto qualcosa, giuro su Dio che prenderò la mia balestra e ti inchioderò al fianco di quella fottutissima Torre.”
A Dmitri piaceva Sara. “Un autista la sta accompagnando a casa mentre parliamo.” Il debito di sangue era tra lui e Honor; sarebbe stato risolto in privato. “Il suo autista è umano.”
Sara borbottò qualcosa sottovoce. “È la migliore per quel compito.”
Lui fissò il brillante skyline di Manhattan. “Chi l’ha ferita al collo?”
Il ghiaccio bruciava nelle sue vene, una feroce risposta alla cicatrici di una donna che non conosceva e che sarebbe stata un’altra compagna di letto fino a quando lo avrebbe divertito. Perché, anche se la sua resistenza era intrigante, creando un interessante diversivo, non aveva dubbi che sarebbe finita nel suo letto – e che ci si sarebbe infilata con piacere.
Allora Sara parlò, e il freddo s’intensificò. “Gli stessi bastardi che l’hanno tenuta incatenata in uno scantinato per due mesi.” Era un riassunto brutale. “Era a malapena viva quando l’abbiamo trovata. Hanno continuato coi loro giochi depravati anche se aveva tre costole rotte, sanguinava ed era febbricitante a causa delle ferite che –"
Sara si mangiò le parole, la sua rabbia una lama ben affilata, ma Dmitri non aveva bisogno di nient'altro. Ricordava l’incidente. La Corporazione aveva richiesto l’assistenza della Torre, concessa per quella volta. Tuttavia, occupandosi della ricostruzione di Manhattan che era stata pesantemente danneggiata durante la battaglia tra Uram e Raphael – e, ancor più importante, concentrandosi sulla difesa del territorio di Raphael mentre l’arcangelo trascorreva la maggior parte del suo tempo al Rifugio, aspettando il risveglio della sua consorte – Dmitri non aveva condotto personalmente l’indagine. Una cosa che stava per cambiare. “Lo stato dei suoi aggressori?”
“Ransom e Ashwini hanno ucciso due dei quattro trovati sulla scena. Gli altri due erano stati consegnati alla Torre, ma erano stati assunti per i muscoli, permettendo a –“ Un respiro irregolare.
“Quelli che stavano dietro a tutto erano furbi. Non hanno lasciato alcuna prova e Honor era sempre stata bendata. Li prenderemo.” Parole di ghiaccio. “Lo facciamo sempre.”
Terminando così la chiamata, Dmitri osservò una città che non si sarebbe addormentata ancora per ore. Gli aggressori di Honor sarebbero morti tutti. Su questo non c’erano dubbi. L’unica differenza era che, ora che aveva sentito la sua lama sulla pelle, ora che aveva assaggiato la profondità della sua paura, si sarebbe preso personalmente lo squisito piacere di tirar fuori gli organi vitali dai loro corpi prima di lasciarli guarire in qualche buco… per poi rifarlo daccapo.
La sua coscienza non era minimamente disturbata all’idea di qualche sadica tortura.
“Non avresti dovuto essere così testardo, Dmitri.” Un’esile mano femminile accarezzava il suo corpo nudo avvicinandosi al suo membro flaccido. La rabbia esplodeva in quei beffardi occhi di un bronzo brillante.
Spostando la presa sulle sue palle, lei stringeva fin quasi a farlo svenire, i suoi muscoli che si tendevano contro le catene che tenevano il suo corpo a gambe divaricate al centro di quella stanza fredda nelle profondità del mastio. La posizione macabra lasciava ogni parte di lui esposta a lei e a quelli cui ordinava di eseguire i suoi voleri.
Mentre punti neri oscuravano la sua visuale, lei lo baciava, le unghie che scavavano nella sua mascella e le sue ali aperte sulla schiena, bianche come la neve ma spruzzate di un cremisi brillante sulle primarie. “Tu mi amerai.”
Il primo colpo era arrivato un secondo dopo, mentre lei continuava a baciarlo. La sua schiena era un ammasso di carne maciullata quando aveva terminato la punizione, l'aria satura dell'odore intenso del sangue. Labbra contro il suo orecchio, seta sulla sua pelle. “Mi ami ora, Dmitri?”

Uno squillo.
Voltandosi, chiuse il ricordo che non riaffiorava da secoli, e rispose alla linea interna. “Sì?”
“Signore, mi hai chiesto di avvisarti se Holly Chang si fosse comportata in maniera diversa dal solito.”
Quaranta minuti dopo, Dmitri era fuori la piccola casa suburbana nel New Jersey dove Holly Chang viveva con il suo fidanzato, David. Isolata dai suoi vicini da un cortile generoso e alte recinzioni, era qualcosa che non avrebbe mai potuto permettersi se la Torre non si fosse messa in mezzo ordinandole di trasferirsi - da un condominio dove era stata pericolosamente vicina a troppi mortali.
Holly aveva appena compiuto ventitré anni quando era stata rapita per strada da un arcangelo uscito di senno. Aveva visto i suoi amici macellati, i loro arti amputati prima che i pezzi fossero rimessi insieme in un macabro puzzle; quando Elena l’aveva rintracciata era nuda e ricoperta del loro sangue rappreso. Era sopravvissuta all’incubo, ma non ne era venuta fuori illesa.
Al di là del fatto che ci si poneva qualche domanda, come quella circa la sua sanità mentale, Uram l’aveva anche nutrita con il suo sangue, o glielo aveva introdotto deliberatamente, iniettandole parte di quella tossina che lo aveva portato alla sua sete di sangue. Non ne avevano la certezza perché i ricordi di Holly su quanto accaduto erano offuscati dalla paura cieca che l’aveva resa muta per giorni dopo il suo ritrovamento. Tutto quello che sapevano era che la giovane donna stava… cambiando.
“Rimani al cancello,” disse al vampiro che lo aveva chiamato, prima di uscire dall’ombra e dirigersi verso la casa illuminata solo dal bagliore tremolante del televisore della sala.
Holly, piccola e apparentemente fragile, gli aprì la porta prima che bussasse. Il sangue macchiava la sua camicia a maniche lunghe, colando dalla bocca. Sollevando una mano, si pulì le labbra col dorso, macchiandosi. “Sei venuto per ripulire il casino, Dmitri?” In quegli arrabbiati occhi a mandorla, vide la consapevolezza che lui sarebbe stato la sua morte se lei avesse perso la battaglia contro qualunque cosa le aveva fatto Uram. “Era il bambino di un vicino. Sapeva di dolce.”
“Incauto da parte tua cacciare così vicino casa.” Strattonandola in avanti, la afferrò per il polso sinistro, tirando su la manica della camicia prima che lei potesse fermarlo. La benda attorno al suo braccio era avvolta stretta.
“Sono un vampiro, Holly,” mormorò, allungandosi a pulire con il pollice la goccia all’angolo della sua bocca. “So che questo sangue è il tuo.”
Lei sibilò, allontanando il braccio e dirigendosi verso casa. Una volta dentro, Dmitri chiuse la porta alle sue spalle. Era stato lì molte volte, ne conosceva la disposizione, ma piuttosto che seguirla in cucina dove poteva sentire lavar via il sangue dalla bocca, spense il televisore e si assicurò che fossero soli in casa.
Quando finalmente entrò in cucina, ora illuminata a giorno, vide Holly che si asciugava la faccia con un canovaccio, anche se non si era cambiata la camicia imbrattata di sangue.
“La morte per mano di Dmitri,” disse, appoggiandosi sullo stipite della porta con una pigrizia che non avrebbe ingannato nessuno di quelli che lo conoscevano bene. “Puntavi a questo?”
Un bagliore negli occhi che una volta erano stati marrone chiaro ma che ora erano avvolti da un anello verde vivido, che stava raggiungendo sempre più profondamente le iridi. La stessa tonalità brillante degli occhi di Uram… ma non tanto scuri quanto quelli della cacciatrice che gli aveva puntato un coltello quello stesso giorno. Lo sguardo di Honor era carico di misteri proibiti e profondi, di ossessionanti segreti sussurrati nel cuore della notte. Al contrario Holly, stava rivolgendo la rabbia e l’odio verso se stessa.
“Non è questo il tuo lavoro?” gli chiese. “Eliminarmi se dimostro di essere un mostro?”
“Tutti noi siamo mostri, Holly.” Incrociando le braccia, la osservò mentre camminava su e giù per la cucina. “È solo una prova per saggiare fin dove puoi spingerti.”
Avanti e indietro. Avanti e indietro. Le mani tra i capelli, scuotendoli. Di nuovo. “David mi ha lasciata,” sbottò alla fine. “Non poteva sopportare di trovarmi sveglia e fissarlo per cinque notti di fila con gli occhi scintillanti.” Fece una risatina che non riuscì a nascondere il terribile dolore che, lui sapeva, le aveva aperto una crepa nel cuore. “Io non stavo guardando la sua faccia.”
“Ti eri nutrita?” Holly aveva un limitato bisogno di sangue e Dmitri si era assicurato che ne fosse sempre rifornita. La sua risposta fu un calcio al frigorifero così forte da intaccarne la superficie bianca lucida. “Maledetto sangue! Chi lo vuole? Penso che punterò a un collo caldo e morbido non appena riuscirò a scappare da quelle fottuttissime guardie del corpo.”
Entrando di un passo in cucina, Dmitri le girò intorno prendendole le mani e interrompendo il suo passo. Allora portò il suo polso alla bocca di lei. “Nutriti.” Il suo sangue era potente, avrebbe soddisfatto ogni suo bisogno.
Ben conscio che l'avrebbe fatto, lei lo spinse via, sedendosi, nascondendosi, in un angolo della cucina, con le braccia intorno alle ginocchia e la testa abbassata mentre si dondolava con il corpo. Perché, nonostante le sue parole, Holly non voleva toccare nessun donatore umano, rifiutandosi di credere di essere cambiata a un livello così profondo. Lei voleva essere la ragazza che era stata prima di Uram – quella che era riuscita ad ottenere una posizione ambita in una casa di moda, che amava i tessuti e il design, e che rideva con le sue amiche mentre andavano al cinema per l’ultimo spettacolo.
Nessuno di quegli amici ce l’aveva fatta.
Voltandosi verso il frigorifero, Dmitri prese una delle sacche di sangue che le aveva inviato regolarmente e ne riempì un bicchiere prima di accovacciarsi accanto a lei. Spinse via un ciuffo di lucidi capelli neri striati da mèches color zucchero filato e disse “Bevi.” Nient’altro era necessario – Holly sapeva che non se ne sarebbe andato finché il bicchiere non fosse stato vuoto.
Strani occhi pieni di odio. “Voglio ucciderti. Ogni volta che attraversi quella porta, voglio prendere un machete e staccarti la testa.” Ingoiò tutto il sangue e sbatté il bicchiere a terra così forte da scheggiarlo su un lato.
Usò un fazzoletto di carta per pulirle la bocca, lo gettò nella spazzatura prima di alzarsi e andare verso la parete opposta. “Una donna mi ha tagliato la faccia oggi, non con un machete ma con un coltello da lancio,” le disse.
Gli occhi di Holly corsero verso la sua pelle intatta. “Stronzate.”
“Sono quasi certo che mirasse alla giugulare ma sono stato più veloce.” E Honor si era mossa con molta più grazia di quanto avesse creduto ne possedesse prima di quella piccola dimostrazione. La donna era stata allenata in qualche tipo di arti marziali, allenata in modo da non poter essere più una vittima indifesa. Eppure lo era stata.
“Peccato che l’abbia mancata,” borbottò Holly… prima di fare la domanda che aleggiava nell’aria dal momento in cui era entrato in casa. “Perché non vuoi lasciarmi morire, Dmitri?” Le sue parole erano una supplica.
Non era sicuro del perché non l’avesse uccisa nel momento in cui aveva iniziato a manifestare segnali di un cambiamento letale, per cui non le rispose. Invece, si chinò di nuovo, prendendole il mento con le dita in modo da farle voltare il viso verso di lui. “Se si arriverà a un’esecuzione, Holly,” sussurrò, “non mi vedrai arrivare.” Rapido e veloce, ecco come sarebbe stato – non voleva lasciarla andare verso la fine avvolta nella paura.
“Lei è morta di paura, Dmitri. Se solo mi avessi dato ciò che ti chiedevo, lei avrebbe potuto essere ancora viva.”
Un sospiro, dita eleganti gli scivolavano sopra lo zigomo, mentre lui riallacciava i ceppi di ferro rotti che gli incidevano la carne. “Vuoi la stessa cosa per Misha?”

“Non chiamarmi così.” La voce aspra di Holly mise fine ai ricordi dolorosi dell’inizio della sua esistenza. “Holly è morta in quel magazzino. Qualcos’altro ne è uscito fuori.”
Era un tentativo di cancellare se stessa, e lui non avrebbe mai permesso – ma non avrebbe fatto male permetterle di stabilire una linea di confine tra passato e presente. Forse allora, avrebbe potuto finalmente iniziare a vivere questa nuova vita. “Come dovrei chiamarti?”
“Che ne dici di Uram?” Una domanda amara. “Dopotutto, non ha più bisogno di quel nome”
“No.” Non le avrebbe permesso di farsi del male in quel modo, il suo stesso nome era un sudario velenoso. “Scegli di nuovo.”
Lo colpì al petto con un pugno, ma la sua rabbia era colma di dolore e sapeva che lei non avrebbe combattuto con lui su questo. “Sorrow,” sussurrò dopo un lungo silenzio. “Chiamami Sorrow.”
Non un nome gioioso, né pieno di speranze, ma le avrebbe lasciato questa scelta dal momento che le era stato rubato già così tanto. “E Sorrow sia allora.” Sporgendosi in avanti, le premette le labbra sulla fronte, la frangia come lame di seta sulle sue labbra, le ossa sottili, fragili, così vulnerabili sotto le sue mani.
In quell’istante, seppe il perché della sua decisione di non ucciderla. Nonostante l’età, per lui era come una bambina. Una bambina pericolosa, ma non di meno una bambina, spaventata che cercava così disperatamente di nasconderlo. E assassinare un bambino… lasciava una cicatrice sull’anima di un uomo che non avrebbe mai potuto essere cancellata.
 
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kurechan
view post Posted on 7/10/2013, 18:05




inchino....grazieeeeeeeeeee :cheerleader: :cheerleader: :cheerleader: :saltella: :saltella: :saltella: :bacio: :bacio: :bacio: :bacio: :bacio: :bacio:
 
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view post Posted on 8/10/2013, 08:33

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Grazie mille Dmtri mi piacesgmygpiu...
 
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_CallMe*Simo
view post Posted on 8/10/2013, 12:37




OOOOOOOOOOH *w* questo libro si fa sempre più fantastico, all'altezza del talento della Singh!
 
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view post Posted on 2/11/2013, 15:44
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Park Hee Ra

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4 replies since 7/10/2013, 13:46   147 views
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