Capitolo 5, "Archangel's Blade" di Nalini Singh

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Christiana V
view post Posted on 28/10/2013, 12:34




ARCHANGEL'S BLADE




LE NOSTRE TRADUZIONI SONO LAVORI AMATORIALI TOTALMENTE ESEGUITE DAI NOSTRI UTENTI E SENZA SCOPO DI LUCRO.
SONO RISERVATE ESCLUSIVAMENTE AI NOSTRI UTENTI ED E' ASSOLUTAMENTE VIETATO PRELEVARE QUESTE TRADUZIONI, INTERAMENTE O PARZIALMENTE, PENA IL BAN.



Tradotto da Lucy85!



Revisione a cura di Christiana V







Capitolo 5



Aveva mentito a Favashi.
Dmitri guidava la Ferrari per rientrare a Manhattan dopo aver fatto una visita mattutina al di là del fiume, all’Enclave dell’Angelo – alla casa di Raphael. Durante il periodo in cui era stato tenuto in gabbia, una volta aveva minacciato Isis di nutrire i suoi cani con il suo stesso sangue. Ma alla fine, dopo aver pugnalato così tante volte il cuore dell'angelo da renderlo un ammasso di carne sanguinante, Raphael le aveva strappato la testa con un solo brutale colpo. Allora, insieme, i due avevano tagliato la stronza in tanti piccoli pezzi, ma non per gettarli ai cani. No, l’avevano bruciata fino a ridurla in cenere in un rogo al centro del suo cortile. Diversamente da un arcangelo, Isis non era stata abbastanza potente per ritornare in vita.
Dmitri non aveva mai avuto rimpianti sulla brutalità del loro gesto. Era stato necessario per assicurarsi che non potesse mai più risorgere. Aveva solo desiderato che potesse durare più a lungo, farla urlare, implorare e supplicare… proprio come la sua Ingrede doveva aver fatto. Ma Misha era stato lasciato da solo e spaventato in un luogo freddo e privo di luce nelle profondità del mastio, e riprenderlo era la prima priorità di Dmitri.
“Papà! Papà!” Suo figlio stava cercando di strisciare attraverso la pietra, le piccole mani gonfie e rovinate per via dei suoi inutili tentativi di strapparsi il ceppo dal collo, un oggetto indicibile che né lui né Raphael erano riusciti a rimuoverlo senza ferirlo.
“Shh, Misha.” Aveva cercato di mantenere un tono di voce tranquillo, di non mostrare l’agonia che lo attanagliava mentre prendeva quelle mani rotte tra le sue, portandole alle labbra. “È solo un graffio. Papà sta bene.”
Dopo aver preso la chiave da Isis, aveva sbloccato l’acciaio che teneva legato Misha, gettandolo lontano. “Sono qui adesso.” Aveva tenuto il piccolo e febbricitante corpo del suo primogenito tra le sue braccia, stringendolo sempre più forte. “Andrà tutto bene.”
Con un dolore sordo al petto che non accennava a diminuire, Dmitri premette il telecomando che gli consentiva l’accesso all’enorme parcheggio sotterraneo della Torre. Silenzioso e veloce, il cancello si aprì subito. La Ferrari fece le fusa fermandosi al solito posto, e un paio di minuti dopo, lui era fuori e si dirigeva verso l’ascensore, i ricordi trattenuti all’interno di mura che nessuno era mai riuscito a violare.
Proprio mentre si aprivano le porte, il suo cellulare iniziò a squillare, l’addetta alla reception lo avvisava dell’arrivo di Honor. Un’oscura anticipazione lo pervase, così intensa che non c’erano dubbi che non l’avrebbe lasciata andare prima di aver saziato la sua fame. “La scorterò io,” disse.
La reception alzò lo sguardo non appena lui uscì dalla hall, la tensione attorno agli angoli della sua bella bocca. “Signore, c’è…”
“Dmitri.” Una lieve ansante voce femminile.
Voltandosi, trovò una voluttuosa bionda che si spinse dal muro dove, apparentemente, stava aspettando.
“Carmen,” disse, conscio che Honor era in piedi a un paio di metri di distanza. “Hai qualche affare alla Torre?” Fece un cenno alla guardia che si stava avvicinando – la ragione per cui a Carmen era stato permesso di entrare nella hall era perché il motivo era qualcosa che riguardava Dmitri.
La splendida donna, con i capelli arruffati come se si fosse alzata un secondo prima dal letto – anche se le labbra erano truccate alla perfezione, i grandi occhi blu delineati dall’eyeliner – poggiò una mano sul suo petto, strusciando il dito su e giù fino a farlo attorcigliare nel bavero. “Ho un affare con te.” Con nient'altro che eleganza nella sua carnale sessualità, lei chinò il capo verso sinistra. A lui non sfuggì l’invito. Prendendole il polso, la allontanò da sé con una dolcezza che lei scambiò per riguardo. Fino a che Dmitri disse, “Abbiamo scopato una volta, Carmen. Non succederà più.”
La faccia della donna s’imporporò, gli occhi luccicanti per un’emozione che non era rabbia, ma comunque bollente. “Dio, sei un bastardo.” Un rossore le coprì la parte superiore dei seni color crema, esposti dalla scollatura profonda della divisa aziendale che le avvolgeva il corpo. “Farò tutto ciò che vuoi.”
“Lo so.” Era parte del motivo per cui non l’avrebbe riportata nuovamente nel suo letto. Fin dall’inizio era stata troppo disponibile e, benché Dmitri non avesse nulla in contrario contro la completa disponibilità – gli piacevano le donne morbide e bagnate che gli davano il benvenuto – Carmen voleva più del sesso.
Dmitri no. Non con lei. Con nessun'altra donna. “Vai a casa, Carmen.”
Lei, invece, si strusciò contro di lui, i capezzoli che premevano attraverso il soffice vestito grigio tortora mettendo in evidenza, più o meno elegantemente sexy, che lei non indossava un reggiseno. “Solo un’altra volta, Dmitri.” Una fame sorda le faceva battere il polso. “Voglio sentire le tue zanne mordere la mia pelle.” Il brivido che l'attraversò era quasi orgasmico. “Ti prego, solo una volta.”
“Qualsiasi vampiro lo farà, Carmen. Lo sappiamo entrambi.” Era diventata dipendente al piacere che il bacio di un vampiro sapeva donare, qualcosa che lui non aveva capito se non dopo averla portata a letto. “Io non scopo e non mi nutro dalla stessa donna.” Era una sua legge ferrea.
Le mani di lei si strinsero sui risvolti del completo di Dmitri. “Qualsiasi cosa, Dmitri.”
“Non devi dirmelo.” Permise al predatore freddo e oscuro che era dentro di lui di risalire in superficie, riempiendogli gli occhi mentre abbassava la voce per pronunciare la sua minaccia, morbida come la seta. “Io non gioco pulito e non mi fermo mai quando me lo si chiede.” Alzando il dito, sfiorò delicatamente lo zigomo della donna, la violenza dentro di lui era come una lama spietata a causa dei ricordi che improvvisamente erano saliti in superficie. “Vuoi che ti faccia male?”
Carmen impallidì e non fece alcuna resistenza quando uno dei vampiri di guardia le mise una mano sul braccio a un cenno di Dmitri.
Vedendola allontanarsi, si voltò verso Honor. “Ora tocca a te,” mormorò, non avendo mai distolto l’attenzione dal battito distaccato del suo polso, l’impennata del suo respiro irregolare, la sottile complessità del suo profumo. “Voglio che sia tu a dirmi quelle parole.”
Un sussulto. “Non dormo con uomini che vengono facendomi sanguinare.” C’era una rabbia pungente in quelle parole… e qualcosa del passato, più ricco e cupo. Raggiungendola, le sorrise e seppe dal suo sguardo, di averle lasciato intravedere un po’ troppo del suo lato più sanguinolento, una lama troppo letale. “Bene,” mormorò. “Renderà la resa più dolce quanto ti prenderò.” Chiazze di colore sulle sue guance, poteva sentire il battito del suo cuore simile a quello di una piccola creatura in trappola, impaurita e tremante. “Io non scopo.”
“Sì,” le disse, volendo posare la bocca sulla vena pulsante e succhiare, “Nemmeno io vorrei scopare. Non la prima volta comunque.”

Indipendentemente dalle parole scelte, Honor non era sicura se Dmitri stesse parlando di sesso con quella voce oscura che era sia la decadenza più peccaminosa che un mortale avvertimento. Aveva terrorizzato Carmen con quieta e calcolata minaccia, ed era temuto da tutti gli altri vampiri della città – eppure si trovava lì in piedi, il coraggio che le veniva da quella parte nascosta di lei che non aveva mai compreso appieno.
Forse, se fosse stata sola, si sarebbe sciolta in una massa balbettante, ma non si sarebbe spezzata di fronte al vampiro che aveva guardato un’ex amante con la stessa distaccata distanza con cui un altro uomo avrebbe osservato un insetto. “Se vuoi sapere cosa ho scoperto, esci subito fuori dal mio spazio personale.”
Lui non si mosse. “Peccato che tu non sia uno dei segugi.”
“Il profumo,” disse lei, prendendo fiato mentre sentiva la pallida carezza di una pelliccia nera e diamanti che catturava i suoi sensi, “Sara mi ha avvertita che puoi attrarre con il profumo.” Questo le fece chiedere a quante cacciatrici doveva aver richiamato, nude e disponibili, al suo letto con nient’altro che la sua intossicante abilità.
“Io non sono una cacciatrice di nascita,” sostenne, anche se era diventato evidente che doveva essercene stato nel suo lignaggio.
E Dmitri lo sapeva. Quelle bellissime labbra si tesero in una morbida curva, la testa inclinata verso l’ascensore. “Andiamo, coniglietto.”
Stringendo i denti, Honor si costrinse a seguirlo – anche se il suo cuore minacciava di uscire fuori dal petto al pensiero di essere intrappolata in ascensore con lui. Sfortunatamente la fuga non era un’opzione. Non c’era nessun nascondiglio dove rintanarsi in questa città senza che lui riuscisse a rintracciarla. E l’avrebbe fatto perché aveva bisogno di lei. Il fatto che volesse dormire con lei era solo un extra, un diversivo.
“La tua gente ha scoperto nient’altro sulla vittima?” gli chiese, rivoli di sudore le scorrevano lungo la schiena mentre raggiungeva l’ascensore.
“Forse è morto un giorno prima che la testa venisse scoperta.” Oscuri occhi neri indugiavano su ogni curva e ombra del suo volto. “Hai bisogno di rallentare il battito, Honor. Altrimenti lo prenderò come un invito e sappiamo entrambi quanto ti piacerebbero le mie zanne.”
Lo stomaco si chiuse, sottosopra. “Carmen aveva ragione. Sei un bastardo.” Nella tana, uno dei vampiri aveva usato le zanne per iniettare qualcosa nel suo flusso sanguigno in modo da rendere le cose più piacevoli per il donatore, forzandola ad avere un orgasmo dietro l’altro – uno stupro contro cui i suoi sensi non potevano combattere.
Aveva vomitato dopo che lui aveva finito, con suo grande disgusto. Era stata punita con secchiate di acqua ghiacciata. “Preferirei mangiare chiodi piuttosto che lasciarti avvicinare a me.”
“Un’analogia colorita, ma non devo costringere il mio cibo.” Allungando il braccio per evitare che le porte dell’ascensore si chiudessero, Dmitri restò in attesa. “Come hai visto, viene a elemosinare alla mia porta.” Continuò a tenere le porte aperte nonostante iniziassero a suonare.
Che fosse dannata se lo avesse lasciato vincere.
Lui sorrise quando Honor entrò e, di nuovo, era il sorriso di un predatore. Senza calore o qualche traccia di umanità. “Così il coniglietto pauroso ha un po’ di spina dorsale.”
Le porte si chiusero con un sibilo.
“Come sta la tua faccia?” gli chiese, la mano che prudeva per la voglia impellente di stringere una lama. Lui si voltò mostrandole la guancia che gli aveva tagliato. La pelle dorata era liscia e calda completamente sana, il tipo di pelle che invitava al tocco… se si dimenticava il fatto che era pericoloso come un cobra che guarda la sua preda.
“Il vampiro tatuato,” disse, appoggiandosi pigramente contro il muro, la voce una carezza languida, “era stato Creato da poco. Due mesi al massimo. Non sarebbe dovuto essere fuori dall’isolamento.”
Accigliata, si morse l’interno del labbro. “Di solito i cacciatori non hanno a che fare con vampiri così giovani. Ho sentito che sono alquanto deboli.”
“Debole è solo una parola.” Guardando verso le porte mentre si aprivano, le fece cenno di uscire.
Rimase ferma al suo posto. “Dopo di te.”
“Se volessi prenderti alla gola, Honor,” pronunciò con la stessa voce falsamente pigra, “saresti già inchiodata al muro prima ancora di rendertene conto.”
Sì, lo sapeva. Le cose non cambiano. “Posso stare qua tutto il giorno.”
Ancora una volta, Dmitri tese la mano per evitare che le porte si richiudessero. “Chi eri prima che ti prendessero?”
Il solo pensiero che fosse a conoscenza di come era stata svilita e degradata, trattata alla stregua di un animale, strappò ad Honor quel po’ di orgoglio rimastole, ma riuscì a trovare la voce nella rabbia che, silenziosa, aveva iniziato a crescere nel momento in cui era uscita fuori da quella fossa. “Ho anch’io una domanda.”
S'inarcò un sopracciglio.
“Per quale cazzo di motivo i peggiori se ne stanno ancora liberi a camminare là fuori?” Mentre lei era intrappolata in quel corpo che non poteva dimenticare le contusioni, le ossa rotte, ma più di ogni altra cosa, l’agonizzante perdita del suo diritto di fare una scelta, di poter concedere o meno di accordare un tocco.
Qualcosa di freddo, molto freddo nuotò dietro gli occhi scuri di Dmitri. “Perché loro non sanno ancora di essere morti.” Parole di ghiaccio. “Ti piacerebbe guardare mentre li faccio urlare?”
Il sangue le si bloccò nelle vene.
Dmitri sorrise. “Quali fantasie hai avuto, coniglietto? Cavargli gli occhi, forse, lasciarglieli rigenerare per poi rifarlo nuovamente?” Un terribile, sensuale sussurro. “Rompergli le ossa con un martello mentre sono ancora coscienti?” Non aspettandosi nessuna risposta, uscì dall’ascensore.
Seguendolo, lei fissò il retro della sua giacca nera che cadeva perfettamente dalle spalle larghe con una grazia fluida dei muscoli. Nulla in Dmitri era meno che sofisticato. Anche la sua violenza. Eppure si era spaventosamente avvicinato ad indovinare quelli che erano i feroci sogni con cui s’intratteneva quando fantasticava di avere i suoi aggressori alla propria mercé – in una stanza fredda priva di luce come avevano fatto a lei.
“Lo so,” disse, come se le avesse letto nella mente, “perché una volta ho tagliato la lingua di qualcuno che mi aveva tenuto prigioniero.”
Qualcosa che se ne stava assopito dentro di lei si risvegliò, una vecchia parte di lei attese desiderosa la risposta alla domanda che stava per fargli. “È stato sufficiente?”
“No, ma è stato comunque soddisfacente.” Spingendo contro le porte dell’ufficio, Dmitri avanzò fino alla finestra. “Quelli che dicono che la vendetta ti mangerà vivo, sbagliano – non lo farà, se lo fai nel modo giusto.” Guardandola da sopra la spalla, le indirizzò un sorriso tagliente che era sia affascinante che terrificante. “Mi assicurerò di invitarti quando li scoverò.”
“Sembri sicuro di riuscirci.”
Non rispose – come se fosse un dato di fatto che avrebbe catturato la sua preda. “Vieni qui, Honor.” Un comando accompagnato da una tenue traccia di qualche spezia esotica che le fece gonfiare i seni e le mozzò il respiro. Era un’ottima cosa che avesse solo una minima goccia di sangue da cacciatrice nata.
“Anche prima dell’attacco,” disse, affondando le unghie nel palmo delle mani, “non ero una di quei cacciatori che giocano con i vampiri.” Anche se non aveva nulla in contrario ai suoi compagni che prendevano vampiri come amanti, si conosceva abbastanza da conoscere la sua necessità ad avere quel tipo d'impegno che un quasi immortale non poteva darle. Le loro vite erano troppo lunghe, l’amore un divertimento, la fedeltà verso un mortale ridicola. “Divenire cibo non mi ha mai attirata.”
Dmitri si voltò per appoggiarsi contro la piatta parete di vetro che affacciava su tutta Manhattan, la sua bellezza virile crudelmente messa in risalto dalla luce del sole alle sue spalle. “Ah, ma credo che saresti un ottimo snack.”

Dmitri osservò la cacciatrice togliersi la tracolla del portatile dalla spalla e posarlo sulla sua scrivania prima di estrarne fuori il sottile computer. La faccia era tutta rossa, i seni che spingevano contro la sua felpa, ma nelle sue parole non c’era altro che un’attenzione inflessibile nelle sue parole. “Possiamo starcene a giocare tutto il giorno o posso farti vedere quello che ho scoperto.”
“Dmitri, smettila di giocare.”
Parole pronunciate in una lingua passata, a lui tanto chiare quanto la luce del sole. Era stata arrabbiata con lui quel giorno, la sua Ingrede. Eppure, alla fine, l’aveva portata a letto, spogliata tutta e baciato ogni centimetro del suo piccolo e seducente corpo. Amava affondare in lei, riempirsi le mani dei suoi seni, le cosce incastrate tra quelle più soffici e piene di lei, mentre le succhiava e leccava la bocca, il collo. Era stato il giorno in cui era stata concepita Caterina, o almeno era quello che aveva sempre sostenuto Ingrede.
“Ecco perché tua figlia ha un brutto carattere.”
“Dmitri?”
Con le palpebre abbassate, lottò per sottrarsi a quel ricordo privo del dolore o dell’orrore che era poi seguito, solo per averlo fuori della sua portata. “Sto ascoltando,” disse, gli occhi su Honor.
Il suo sguardo si soffermò su di lui e, per un istante, avvertì una sensazione sconcertante – come una sorta di déjà vu – ma dopo lei sbatté le palpebre guardando in basso e il momento passò.
“Il tatuaggio non è nel nostro database. Comunque l’ho inviato ad alcuni colleghi molto discreti lungo la nostra rete internazionale.”
Anche Dmitri aveva fatto correre una voce tra la rete di vampiri di alto livello che ci lavoravano o che avevano un ruolo potente nelle corti. La cooperazione a questo livello era molto più usata di quanto pensassero la maggior parte delle persone. Era solo quando finivano coinvolte le dispute per territori e poteri che le cose diventavano problematiche. “Sei riuscita a decifrare il testo scritto?”
I suoi occhi brillavano ed era la prima volta che vedeva quella luce. Lo affascinava quell’improvviso scintillio di vita in lei. Ecco, pensò, chi era prima che venisse spezzata… prima che imparasse il gusto della paura in ogni suo respiro. Lui capiva cosa significasse essere spezzati, più di quanto lei potesse immaginare.
“Guarda Dmitri.”
“No. Non farlo!” Aveva spinto le catene fino a far sanguinare i polsi. “Farò tutto ciò che desideri – striscerò anche a terra!”
Una risata, bella e beffarda. “Lo farai comunque.”
“No! No! Ti prego!”
 
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view post Posted on 28/10/2013, 13:56

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Non so voi...ma più si va avanti e più Dmitri acquista punti... e questi scorci sul suo passato mi commuovono :occhioni:
 
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view post Posted on 2/11/2013, 16:04
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Park Hee Ra

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quanto mi piace quest'uomo
 
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_CallMe*Simo
view post Posted on 2/11/2013, 23:00




Piango come una disperata :'(
 
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4 replies since 28/10/2013, 12:34   92 views
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