La ballata delle allodole, di Desy Giuffrè - Ed. 2014

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view post Posted on 13/6/2014, 13:07
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… la vita e i sogni sono fogli di uno stesso libro: leggerli in ordine è vivere, sfogliarli a caso è sognare …

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Quel ramo del lago di Como, che volge a mezzogiorno, tra due catene non interrotte di monti

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Ci avviciniamo a San Valentino con "La ballata delle allodole" della giovane e bravissima Desy Giuffrè!






«Per una volta, Mara: cerca di stare con i piedi per terra!».
Jo, l’amica migliore che si potrebbe desiderare, l’amica che avrebbe potuto girarla e rigirarla come un calzino -perché sì, di lei conosceva tutto, ma proprio tutto e ancor meglio delle sue tasche-, la stessa amica che da ben quindici anni riusciva a sopportare ogni suo imprevedibile sbalzo d’umore conquistando il podio di tolleranza tra tutte le persone che facevano -nel bene e nel male- parte della sua vita… insomma, l’unica amica di cui potersi realmente vantare, era seduta sulla scrivania della sua camera/studio/rifugio/con i piedi ciondoloni e una noia mortale dipinta sul volto.
«Un giorno scoprirò il tuo segreto. Non ho ancora conosciuto nessun’altra donna capace di provare e riprovare una quantità incalcolabile di vestiti senza mai stancarsi. Avresti dovuto fare la modella, fidati. Il tuo talento è sprecato».
Mara roterò gli occhi afferrando per una mano Jo e trascinandola di peso al suo fianco, di fronte l’enorme specchiera su cui la sua immagine appariva più colorata che mai.
«Allora, come sto? Dici che gli piacerò?».
«Mara, sei incredibile! Hai un sexappeal da far girare la testa a una buona dozzina di uomini, nell’arco di un paio di metri, appena sotto casa! E hai ancora voglia di chiederti se lui… ti degnerà di un suo sguardo? Uno che non c’entri nulla con le frasi che è solito rivolgerti, tipo: Mara fai quello. Mara passami la linea 2. Mara potresti coprirmi per un’ora? Mara… grazie: senza il tuo aiuto non saprei proprio come fare».
«Sì, ne ho ancora voglia. E oggi più che mai non posso permettermi di perdere le speranze. Perché oggi accadrà qualcosa d’indimenticabile!».
«Sì, come no… te l’ha detto l’indovina che hai incontrato in Piazza di Spagna. Questa sarà l’ennesima delusione, Mara, ti avverto. Ancora più grande della volta in cui sei andata ai Caraibi per seguirlo durante le vacanze natalizie e non hai nemmeno avuto il coraggio di fargli sapere che eri lì, mentre lui se la spassava alla grande senza notare la tua presenza. O ancora, quando…»
«Basta così, Jo. Se t’impegni riesci ad essere la persona più odiosa che conosca! Pensala un po’ come ti pare. Dovrai ricrederti».

In effetti, l’amica di sempre conosceva bene le peripezie nelle quali si era lanciata senza freni, pur di conquistare il cuore e i pensieri di Jonathan Morrison, abile agente immobiliare e punta di diamante della Morrison SpA, azienda di famiglia dove presto lo stesso Jonathan avrebbe rivestito il ruolo di dirigente. Al momento si limitava ad essere il suo capo, e questo era bastato perché Mara, nel giro di un paio d’anni, divenisse la sua segretaria tuttofare e incapace di pronunciare un solo “no” al suo cospetto.
Era evidente a tutti che il rampollo dei Morrison sfruttasse fino al midollo le qualità della sua giovane assistente, lasciandole il più delle volte l’incombenza dei lavori più impegnativi -dei quali, con estrema puntualità, lui non mancava di prendersi tutti i meriti-. L’autentica venerazione che Mara provava nei suoi confronti era così palese, da risultare persino imbarazzante; eppure, nulla sembrava riuscire a piegare l’impegno costante che la ragazza riversava nel vano tentativo di conquista. L’idea che in realtà lei e Jonathan fossero fatti l’uno per l’altra era divenuta quasi un’ossessione.
Del resto, come avrebbe potuto biasimare Jo per la sua preoccupazione? Non sarebbe stata la prima volta di cui doversi vergognare per le follie compiute in nome di un sentimento a metà, non riconosciuto né tantomeno corrisposto.
Quel giorno, però, era davvero certa che qualcosa di speciale sarebbe accaduto.
Tutto era cominciato quella stessa mattina, Venerdì 13 Febbraio, quando una vecchia zingara -a suo dire chiaroveggente- l’aveva letteralmente pedinata per dirle che quello sarebbe stato il giorno fortunato. Non un giorno fortunato qualsiasi, ma quello in cui ogni suo desiderio d’amore si sarebbe avverato. Ed era stata tanto categorica nel parlare, d’averla infine convinta riguardo la veridicità delle sue parole.
L’anziana donna non aveva l’aria di una ciarlatana, nonostante la bizzarra particolarità del suo aspetto più simile ad un folletto troppo cresciuto che ad una signora in età avanzata, ed era stata estremamente precisa nei dettagli che Mara avrebbe dovuto seguire affinché la magica profezia si fosse potuta avverare.
La prova della riuscita di quest’ultima, a onor del vero, sarebbe stata una ballata di allodole che avrebbe accolto il sorgere del nuovo sole in qualunque luogo Mara e il suo presunto spasimante si fossero trovati.
Ovviamente, la ragazza pensò bene di tralasciare questo piccolo e stravagante dettaglio dell’oracolo che la riguardava, dimenticandolo nel giro di pochi minuti.

Fu così che da anonima segretaria d’azienda, Mara si trasformò in una determinata pretty woman pronta a svaligiare i negozi d’abbigliamento più in vista della città, alla ricerca di un abito speciale da indossare per la cena romantica a cui si sarebbe dovuta recare quella sera stessa.
Che nessuno l’avesse invitata a recarsi in quel preciso ristorante, ed esattamente al tavolo numero 3, poco importava: la misteriosa zingara le aveva detto di farlo, e tanto bastava per credere -o almeno sperare- che lì ad attenderla vi sarebbe stato l’uomo dei suoi sogni.
Stupida superstizione o saggia fede verso gli eventi inspiegabili della vita, Mara era determinata a giocarsi il tutto per tutto. Nel peggiore dei casi, avrebbe cenato da sola in uno dei più costosi ristoranti di Roma, colorando di rosso il suo conto in banca.

Aveva raccolto i lunghi capelli neri in un’acconciatura alla Audrey Hepburn, scegliendo infine di vestirsi con il solito tailleur gessato: se Jonathan Morrison si fosse finalmente deciso a prestarle l’attenzione che meritava, avrebbe dovuto apprezzarla per ciò che era, senza finti travestimenti o effetti speciali prestati da abiti che in realtà non rappresentavano per nulla la sua personalità.
Prima di varcare la soglia del ristorante, fece un respiro profondo e pregò il cielo di fulminarla se quella si fosse rivelata l’ennesima pessima figura da inserire nella sua biblica collezione.
«Benvenuta, signora. In cosa posso aiutarla?».
«Buonasera. Il signor Morrison mi aspetta al tavolo numero 3».
I secondi in cui il maitre fece scorrere gli occhi lungo la lista dei tavoli prenotati, sembrarono eterni e pesanti come un macigno. Quanto sei stupida, Mara! Vorrei sprofondare fino al centro della terra… Pensò lei tra sé e sé.
«Ma certo, il signor Morrison. Mi segua, prego».
Il signor Morrison? Era lì? La stava aspettando?!
Il battito cardiaco era talmente forte da procurarle un fastidiosissimo ronzio nelle orecchie, il palmo delle mani trasudava ormoni ed era ormai entrata in iperventilazione. Mara avrebbe voluto volentieri darsi un vigoroso pizzicotto per essere certa che non stesse sognando… ma pensò che non fosse il caso, vista la prossimità del tavolo dove già vedeva il suo capo: le dava le spalle, i capelli biondi portati all’indietro e stava ammirando un’aragosta ancora fumante sul piatto che gli era appena stato servito. Caspita, però… avrebbe almeno potuto aspettare il suo arrivo, prima ordinare la cena!
«Signor Arnold Morrison, è arrivata la signora…»
Le parole del maitre, visibilmente impacciato, rimasero sospese a mezz’aria in attesa che Mara riuscisse a pronunciare una frase, anche piccola piccola, di senso compiuto.
Arnold Morrison.
O quello era uno scherzo di cattivo gusto interamente progettato da Jo e Sara, la sua adorabile sorellina ficcanaso, o lei stava sul serio perdendo il nume della ragione.
In quale universo parallelo si era cacciata senza neanche rendersene conto?
L’uomo in questione, ovvero il perfetto sconosciuto del tavolo numero 3, si voltò per capire cosa stesse accadendo.
L’aria incuriosita e dapprima diffidente si tramutò dopo qualche istante in un’espressione divertita e cordiale. E che espressione. Mara sentì il fiato venirle meno man mano che il sorriso dell’aitante semi-omonimo di Jonathan si allargava sul suo viso abbronzato e spruzzato qua e là da qualche piccola lentiggine. Gli occhi verdi le sorridevano allegri attraverso la montatura nera degli occhiali da vista che gli conferivano un’aria intellettuale e al tempo stesso divertente, mentre con una mano le indicava il posto a sedere di fronte al suo.
«Prego, signorina. La stavo aspettando».
E adesso? Quale altra sciocchezza avrebbe dovuto compiere? Propinare una banale scusa per fuggire a gambe levate dalla strana situazione in cui si ritrovava a causa del suo essere credulona fino al midollo, oppure fare finta di nulla, stare al gioco finché il maitre non se ne fosse andato e scusarsi con Morrison II per il terribile errore compiuto?
L’unica cosa certa era il tremore alle ginocchia che minacciava di farla crollare sotto gli occhi di tutti. Così, tra una soluzione e l’altra… avrebbe scelto quella che le permetteva di sedersi per riprendere fiato e coraggio.

Ordinata un’insalata di mare, il maitre li lasciò finalmente da soli. Mara non smetteva di osservare in maniera fissa il misterioso sconosciuto, attendendo che iniziasse a parlare per primo. Ma Arnold Morrison continuava a tacere, accrescendo la tensione fino allo spasimo.
«Ebbene… avrete senz’altro capito che entrambi siamo vittime di un malaugurato malinteso, signor Morrison. Vi ho scambiato per… bè, non importa. Sta di fatto che sarà meglio me ne vada, spero vogliate scusarmi».
«No, aspettate. Capisco il vostro imbarazzo, ma sarei felice se vi fermaste comunque. Oramai abbiamo ordinato la cena… sarebbe un peccato non restare in compagnia».
Titubante sulla risposta da dare, Mara si lasciò guidare, per una volta in tutta la sua vita, dall’istinto. Non dai desideri, dalle convinzioni sbagliate di cui la sua testa era piena o dalle parole di una fattucchiera in vena di scherzi. E l’istinto le stava dicendo di sedersi a quel tavolo lasciandosi per qualche ora tutto alle spalle, persino la scottante delusione provocata dall’assenza di Jonathan e, soprattutto, dalla sua ingenuità.
«Ecco… perché no? Accetto volentieri l’invito, perlomeno non dovrò tornare a casa con lo stomaco in subbuglio per la fame!». Rispose infine, ricambiando il sorriso.

Fu così che s’incontrarono. La storia di Arnold e Mara nacque dalle parole, dal capriccio di un sogno che tanto desiderio di felicità poi non era. Sorse tra un bicchiere di vino e una risata, viaggiando attraverso le domande che si è soliti fare quando la sete di conoscersi meglio arde i cuori e lo spirito, ed è capace di sciogliere le nostre lingue come cavalli in corsa. La storia di Arnold e Mara nacque dalla magia.
A questo punto sarebbe bello poter dire che il loro fu un perfetto colpo di fulmine… ma sarebbe anche una bugia.
Perché il loro, invece, divenne un conoscersi giorno dopo giorno, alla scoperta di quel micro mondo nato dall’incontro di due anime che sapevano già di doversi ri-trovare. Chissà quando… dove e seguendo quale strano disegno del destino.

Dopo la cena giunse il momento del caffè, poi dell’amaro, a seguire di una passeggiata per le magiche vie di una Roma vestita dall’elegante manto blu della notte. Finirono con il camminare così tanto d’avere iniziato a percorrere, senza saperlo, il lungo cammino che li avrebbe attesi per il resto della vita. Tanto per cominciare, abbandonarono ogni formalità passando direttamente al “tu”.
«Ti confesso una cosa: c’è un motivo per cui stasera mi trovavo in quel ristorante. Ogni anno sono solito trascorrere lì il fatidico giorno dedicato alle scatole di cioccolatini e a tutto ciò che è tinto di rosa. Mi è sempre piaciuto pensare che, prima o poi, da quel tavolo -di solito siedo sempre al numero 3!- avrei visto arrivare quella giusta. Insomma… sì, la donna che aspetto da tempo. Oggi, però… avevo voglia di aragosta! Ho pensato che, in fondo, valesse la pena anticipare la mia cena solitaria di qualche ora». Finì di dire lui, ammiccando con fare divertito.
Stargli vicino riempiva i polmoni di Mara d’una miriade di profumi capaci di stordirla e procurarle uno sfarfallio allo stomaco mai provato prima. Il suo respiro sapeva di fragole e menta, a volte di zenzero e cannella. Resistergli diventava sempre più difficile.
«E così… buon S. Valentino, Mara».
«Buon S. Valentino… Mr. Morrison». Rispose Mara, incredula sull’essere riuscita a chiamarlo con lo stesso nome che, almeno fino a quel giorno, era per lei stato fonte di tanti problemi.

Il cielo iniziò a tingersi di viola, somigliando sempre più a una distesa infinita di zucchero filato spruzzato di succo alle more, per poi mutare aspetto, alla pari di un camaleonte, vestendosi di calde sfumature rosa arancio screziate da minuscole presenze aeree che presero a volare sopra i due giovani ancora fermi al centro di Piazza Navona, ora più che mai intenti a guardarsi. Occhi negli occhi, cercavano di scrutare, scoprire, navigare in quelle pozze infinite delle loro iridi, smaniosi di comprendere quale fosse la causa della gioia che pompava il cuore di entrambi sempre più velocemente.

Quando, d’un tratto, il canto melodioso di un’allodola salutò il sole appena sorto, e il volo di questa quasi non sfiorò le guance arrossate di Mara.
La ragazza spalancò gli occhi per lo stupore, ripensando alla bizzarra premonizione della zingara e alla sua piena veridicità. Poi iniziò a ridere e a correre ignorando il resto dei passanti che già cominciava a rendere caotico il risveglio del un nuovo giorno.
«Tra un paio d’ore devo essere in ufficio! Offre il caffè chi arriva per primo al bar dell’angolo!». Gridò Mara, indicando la meta verso la quale anche Arnold si era diretto nel rincorrerla.
La ballata delle allodole, intanto, continuava a disegnare magici simboli nel cielo. Così come i passi dei due novelli innamorati iniziavano a tracciare il lungo percorso verso la felicità.


Favola o realtà, la storia appena narrata ha inizio da qui. Tutto il resto, ciò che fa parte del passato -nonché degli errori compiuti dalla protagonista- è chiaro sia stato solo un pretesto per ricordare ai lettori che il presente, il nostro presente, è custode del tempo prezioso per scoprire i tesori futuri che ci attendono.

Desy








L'autrice

Desy Giuffrè è nata a La Spezia nel 1985. È autrice del Paranormal-Romance "Io Sono Heathcliff", sequel tratto dall'indimenticabile "Cime Tempestose", di Emily Bronte, uscito in tutte le librerie nel 2012 per Fazi Editore.
"Lady Morgana", rivisitazione in chiave moderna del mitico Ciclo Arturiano, è il suo nuovo romanzo presente su tutti gli Store Online.

Attraverso il suo blog ufficiale è possibile , inoltre, leggere gratuitamente gli sporadici racconti che ama regalare ai suoi lettori, nonché il romanzo a puntate dal titolo “Never – Yvonne dei Lupi”, il dark-fantasy che in poche settimane ha contato più di 11.000 letture sulla rete.

Quando non viene rapita dai personaggi che ama creare, vive sulla costa ionica della Sicilia. Lettrice vorace e amante dei fiori, adora fare lunghe passeggiate nel folto dei boschi o in riva al mare. Il silenzio, la buona musica, il profumo della terra bagnata e l’immenso blu del cielo sono le condizioni ideali per la sua ispirazione.



Visita il sito dell'autrice:

http://desygiuffre.com/


Holly Girls, il suo Blog Ufficiale:

http://desygiuffre.blogspot.it/



Edited by Pau_7 - 17/6/2014, 13:30
 
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AnitaBlake
view post Posted on 13/6/2014, 13:41




♥ Magica come sempre, delicata e intensa.
Desy si è conquistata un posto nel mio cuore e uno nel podio delle autrici italiane che preferisco!
 
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view post Posted on 13/6/2014, 14:06
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Gatteo a mare

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A riprova che le autrici di casa nostra sono bravissime, davvero molto carino e ben scritto.
 
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view post Posted on 17/6/2014, 06:02
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isi

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Storia soffice e dolce, grazie!
 
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masterbook
view post Posted on 17/6/2014, 11:30




Bellissimo!!! di una dolcezza unica!!! Magico!!!
 
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4 replies since 13/6/2014, 13:07   187 views
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