I Romance Storici e la Storia

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view post Posted on 3/2/2015, 13:34
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… la vita e i sogni sono fogli di uno stesso libro: leggerli in ordine è vivere, sfogliarli a caso è sognare …

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Quel ramo del lago di Como, che volge a mezzogiorno, tra due catene non interrotte di monti

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Nel suo nuovo articolo Teresa Siciliano ci parla del rapporto tra il romanzo rosa e la storia. Da Jane Austen alle nostre perle italiane: Mariangela Camocardi, Maria Masella e Linda Kent!





Il rapporto dei romance con la storia è molto vario e discusso. Fra le lettrici ci sono quelle che chiedono più storia, quelle che ne chiedono di meno. E quelle addirittura che non sopportano la storia. Né si capisce perché leggano romanzi di questo tipo.
Partiamo dal regency: esso è ufficialmente ambientato in Gran Bretagna fra il 1810 e il 1820, ma di fatto si considerano tali tutti i libri ambientati nel Primo Ottocento. Per quanto sia strano, di solito alle autrici non interessa particolarmente l’epopea napoleonica, che non sempre compare. La loro attenzione è piuttosto indirizzata alle regole sociali dell’alta società, cioè quello che chiamano ton. Il punto di riferimento mi pare Jane Austen, che però scriveva degli anni a lei contemporanei, e il suo clone moderno, cioè Georgette Heyer.
Quindi sappiamo tutto di Almack e del fatto che entrarvi fosse l’ambizione più alta delle fanciulle aristocratiche e non, dal momento che era la vetrina più importante per le debuttanti che cercavano marito, unica possibilità a disposizione allora per una donna.
Se osserviamo una serie nota come quella dei Bedwyn, noteremo che di Napoleone si parla poco prima della Tentatrice e di Innamorarsi di un lord, che sono costruiti in qualche modo intorno all’evento principale: la battaglia di Waterloo. Curioso che la sinossi della redazione Mondadori collochi gli eventi del primo romanzo intorno al 1810, mentre tutti sappiamo che si tratta del 1815.
Da un punto di vista storico le cose peggiorano negli erotici. Prendiamo in considerazione L’amante della contessa della Dee. All’epoca della sua uscita le lettrici discussero aspramente la narrazione, partendo dall’indicazione della sinossi che era il solito 1810 circa. Dal momento che si raccontava come la protagonista, inglese, avesse a lungo soggiornato in Francia, diciamo nel ventennio precedente, si sottolineò che, durante la rivoluzione francese e soprattutto le guerre fra Francia e Inghilterra, ciò sarebbe stato impossibile.
In realtà, a ben vedere, la data 1810 non c’era nel libro, era un’illazione dei curatori, probabilmente sulla base di indizi di costume e moda, interni al volume. Che io ricordi è il caso più emblematico per dimostrare che si tratta di romanzi storici per modo di dire.
Ma si potrebbe anche citare Alla corte dello zar della Rogers, dove non solo le ragazze nubili di buona famiglia si comportano con anacronistica libertà sessuale, come pare ormai obbligatorio nei rosa, ma i personaggi scorrazzano su e giù per l’Europa, in barba alla lentezza e alla difficoltà dei trasporti dell’epoca: solo un accenno alla durezza dell’inverno russo, sperimentata direttamente da Napoleone solo pochi anni prima, durezza che però non impedisce ai protagonisti di tornare velocemente in Inghilterra per la conclusione.
All’estremo opposto troviamo le opere di Amanda Scott, ambientate in genere nella Scozia medievale: molti riferimenti geografici alle isole Orcadi, molte descrizioni, un intreccio fra personaggi storici, a noi quasi totalmente sconosciuti, e altri inventati, molte allusioni ad eventi storici importanti, ma a noi del tutto ignoti, narrazioni, secondo me, quasi sempre favolistiche e noiose.
Le scrittrici italiane sono molto più attente anche quando si occupano della storia di altri paesi: ad esempio la Kent, nel recente Vento di Cornovaglia, ha impeccabilmente ricostruito l’assedio di Pendennis, all’epoca di Cromwell.
Personalmente, preferisco la storia italiana. E quindi guardiamo la Camocardi e il suo Chi voglio sei tu: l’autrice ricostruisce un ambiente per noi insolito, cioè quello delle sciantose di inizio Novecento, e trova il modo da una parte di fare riferimento a tutte le invenzioni tecnologiche che in quegli anni hanno cambiato la nostra vita, dall’altra di delineare il nascente femminismo e nello stesso tempo, con la figura di Falco, alludere liberamente, ma in modo puntuale, alla figura di Heathcliff di brontiana memoria.
Invece, in Un segreto tra noi, si occupa del Risorgimento e della Milano del 1848 nell’imminenza delle Cinque giornate e allude alla repressione che seguirà sia nella narrazione, sia nella nota storica in postfazione, pur mettendo in salvo i nostri protagonisti, come è obbligatorio in un rosa.
Un’altra nostra autrice molta attenta alla storia è la Masella, che porta nel romance italiano una tinta genovese: inizia, per quel che mi ricordo, in Legami d’amore, introducendo nella vicenda con funzione di deus ex machina addirittura Cavour, per poi approfondire il conflitto all’interno dello stato piemontese fra Torino e la monarchia da un lato e Genova e il movimento mazziniano dall’altro.
E nell’ultimo titolo, La forza dei sogni, mette a sfondo della storia d’amore un complesso intreccio fra politica, economia, finanza e vita privata nell’alta società piemontese, fino al punto di sentirsi in obbligo di anticipare gli eventi del romanzo di un anno, per evitare di incappare nel colera del 1854 (di cui noi certo non sapevamo, ma lei sì).
Ci sarebbero ovviamente molte altre autrici da menzionare, ma alla fine di questo articolo voglio ricordare soltanto La notte del vento e delle rose della Bulgaris, dove, con ambientazione insolita per il rosa italiano, ci viene presentata, strettamente collegata con le vicende dei protagonisti, una buona ricostruzione della rivoluzione napoletana del 1799: e quindi Nelson, lady Hamilton, Eleonora Fonseca Pimentel. Un romance un po’ sui generis per la presenza anche di toni molto cupi, stupri e violenze. Memento forse che le rivoluzioni non sono mai passeggiate.
 
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