Amore a prima vista, di Cardeno C. - 2° Libro della serie "Home"

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AnitaBlake
view post Posted on 13/1/2013, 21:27




AMORE A PRIMA VISTA

loveatfirstsightitlg Credete nell'amore a prima vista? Jonathan sì. Dal momento in cui intravede il bellissimo David da lontano ne rimane catturato, ma David sparisce prima che riescano a conoscersi.
Più di tre anni più tardi, Jonathan ha una seconda possibilità. Lui e David, finalmente, s’incontrano faccia a faccia e si ritrovano a vivere una storia d'amore passionale. David trasforma la vita di Jonathan, precedentemente solitaria, in una fiaba, dandogli più di quanto il ragazzo avesse mai immaginato. Ma gli ultimi anni sono stati difficili per Jonathan e lui è terrorizzato dal fatto che suo figlio e il suo passato scandaloso possano essere troppo pesanti da sopportare per David. Se vorranno costruire un futuro insieme, entrambi dovranno scavare in profondità: David dovrà trovare il coraggio di condividere se stesso in un modo che non aveva mai nemmeno preso in considerazione e Jonathan dovrà trovare il coraggio di dire la tutta verità.

Editore: Dreamspinner Press in Italiano
Genere: M/M
Pagine: 225
Formato: eBook
Estensione: .epub, .mobi, .prc, html, pdf

La serie "Home" è così composta:
1 - Dove lui finisce e io comincio
2 - Amore a prima vista
3 - Ritorno a casa
4 - Lui mi completa
I libri della serie "Home" sono autoconclusivi e possono essere letti in qualsiasi ordine.

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ESTRATTO:
Capitolo Uno



CREDETE nell'amore a prima vista?

Jonathan Doyle di sicuro sì. Oh, sapeva che era sciocco e ingenuo, ma nel profondo ci credeva. Voleva crederci. Jonathan era un romantico incallito e senza speranza. Lo era sempre stato.

Da ragazzo, passava le ore a guardare alla TV vecchi film in bianco e nero. Era affascinato dai gentiluomini che tenevano aperta la porta alle donne con cui uscivano, che prendevano i loro cappotti, spostavano la sedia per loro e altre cose simili. Mentre gli altri ragazzi sognavano di diventare giocatori di football, rock star o vigili del fuoco, tutto ciò che Jonathan voleva era quel genere di storie d'amore, tradizionali e da perderci la testa. Beh, quasi tradizionali, perché nei suoi sogni ad occhi aperti, Jonathan - e non una donna - era la persona che condivideva quell'eterno amore con il suo Cavaliere. Nessuno di quei vecchi film in bianco e nero, però, esplorava quel territorio.

Sebbene fosse amabile e d'indole buona, Jonathan sembrava non riuscire a stare tranquillo. In un certo senso, non importava quanto cercasse di stare fuori dai guai, i guai lo trovavano sempre. Aveva una cicatrice sulla punta del gomito destro causata dall'enorme vetrata che aveva rotto quando stava imparando ad andare in bicicletta e aveva perso il controllo. Quando stava imparando a guidare, aveva mandato l'auto del padre in avanti anziché in retromarcia, finendo per abbattere tutta la staccionata anteriore del suo vicino di casa e planare poi nella sua piscina. E, nel tentativo di far felice la sua amica, Jonathan aveva perso la sua verginità in un tripudio di... delusione e conseguenze che avevano alterato tutta la sua vita.

“Ci sta guardando ora?”

Capelli castani, occhi blu, la piccola e graziosa Kathy McCallister arrotolò i suoi riccioli al dito e si sforzò di tenere gli occhi incollati su Jonathan, anche se la sua mente era concentrata sul proprio ragazzo, George Rodriguez, che stava in piedi dietro di lei dall'altra parte della stanza. Tecnicamente, era il suo ex ragazzo da circa un mese, ma nessuno pensava che sarebbe rimasto “ex” ancora per molto. Jonathan stava per guardare George quando Kathy catturò di nuovo la sua attenzione afferrandogli il braccio e piantandogli le unghie nella carne.

“Non guardarlo! Capirà che stiamo parlando di lui.”

Jonathan si strofinò la pelle dolorante e corrugò le sopracciglia osservando la ragazza. Era frustrato dalla conversazione e, onestamente, dall’intera serata. Kathy era la sua migliore amica. In effetti, era una dei suoi pochi amici. L'aveva raggiunta alla festa per celebrare la fine dell'anno scolastico, anche se lui era terribilmente timido e più che a disagio in quegli ambienti.

“Pensavo mi avessi chiesto se ci stava guardando.”

Kathy mantenne un sorriso falso stampato sul viso, gettò la testa all'indietro, rilasciò una risata sonora e poi rispose con un sussurro alla domanda di Jonathan.

“Ti ho chiesto se ci stava guardando. Ma tu devi controllare senza che lui si accorga che lo stai facendo, capisci?”

Jonathan era frustrato, stanco, e stufo della festa. Non aveva idea di come controllare se il ragazzo di Kathy li stesse guardando senza, beh, controllare.

“Kath, voglio andare a casa. Sono stanco. Perché non gli parli? Sei stata con lui sin dal primo anno. Di certo puoi avere una conversazione con lui.”

Proprio in quel momento, una matricola carina si avvicinò a George e gli accarezzò il braccio mentre parlavano. Essendo dall'altra parte della stanza, Jonathan non poteva sentire cosa si stessero dicendo ma, quando George mise un braccio attorno alle spalle della ragazza e la condusse verso la porta, un po' dello shock che Jonathan stava provando doveva essere ben leggibile sul suo viso, perché Kathy si dimenticò la regola del 'controllare senza controllare' e si voltò di scatto, giusto in tempo per vedere il suo ragazzo lasciare la festa con un'altra. Ex-ragazzo. O quello che era.

“Oh, Kath, Io… Sono sicuro che c’è una buona spiegazione. Magari è…”

Dannazione. Jonathan non aveva idea di come finire la frase. Non capiva niente di relazioni e non sapeva molto di più riguardo a George. Certo, Kathy era sua amica ed era stata la ragazza di George per quasi quattro anni, ma i due ragazzi non avevano niente in comune, quindi passavano raramente del tempo insieme.

George era un atleta popolare, socievole, amichevole ed estroverso. Jonathan era tranquillo, introverso e sperava solo di arrivare alla fine della giornata senza essere insultato dai compagni di classe. Sentiva spesso le persone borbottare tra i denti definendolo strano. Anche goffo e scoordinato andavano forte. Ma c'era un gruppo d'insulti che veniva usato più di tutti gli altri: finocchio, frocio e, nei giorni davvero buoni, gay.

Quelle parole avevano seguito Jonathan lungo i corridoi e nel cortile sin dalla scuola media. Non era mai stato con un altro ragazzo, non aveva mai nemmeno espressamente mostrato interesse in un altro ragazzo. Ma era vero. Jonathan sapeva che era vero. Era terrorizzato per come si sarebbero sentiti i suoi familiari, però, quindi aveva tenuto l'informazione per sé.

“Non posso credere che se ne sia andato con quella sgualdrina! Quello stronzo traditore! Lo sapevo! Lo sapevo!”

Kathy era furente, con i pugni chiusi lungo i fianchi mentre camminava pestando i piedi nei suoi stivali rosa e glitterati.

“Bene. Se vuol fare questo gioco con me, posso trovarmi anch'io un altro ragazzo.”

Si gettò i lunghi capelli dietro le spalle e si guardò attorno nella stanza con sguardo determinato. Jonathan sapeva che doveva fermarla prima che potesse fare qualcosa di cui poi si sarebbe pentita.

“Kathy, dai. Ti porto a casa, così puoi chiamarlo e parlargli. Andiamo.”

Non appena sentì la mano di Jonathan sul braccio, Kathy si voltò verso di lui. Aprì la bocca per urlare, ma poi la sua rabbia si trasformò in un ghigno spaventoso.

“Oh, questo è davvero perfetto. Andiamo, Jon.”

Jonathan iniziò a camminare verso la porta ma Kathy lo afferrò per la mano e lo trascinò nella direzione opposta.

“Dove stiamo andando? La porta è da quella parte, Kath.” Jonathan indicò l'uscita.

“Non lasciamo la festa. Andremo in camera, lasceremo la porta socchiusa e faremo così tanto dannato rumore che gli amici di George gli diranno di certo che non è stato l'unico a divertirsi. Dai, Jonathan.”

Dieci minuti dopo era finita. Jonathan era sdraiato sul letto, nella stanza degli ospiti, con i pantaloni e la biancheria alle ginocchia ma, per il resto, ancora completamente vestito. Indossava ancora le scarpe. Kathy scese da lui e s'infilò di nuovo le mutandine, facendole risalire sotto la gonna. Era venuto, quindi doveva significare che gli era piaciuto, giusto? Eppure non era così. Diamine, Jonathan non era nemmeno sicuro di come fosse stato. Kathy lo aveva solo spinto sul letto, gli aveva aperto i jeans, abbassato la biancheria, accarezzato il pene finché gli era diventato duro e l'aveva cavalcato fino all'orgasmo.

“Tirati su i pantaloni, Jon. Possiamo andare ora.”

Kathy si voltò verso di lui e lo guardò in faccia. Jonathan non era sicuro di cosa ci vide ma, per la prima volta, la ragazza sembrò rendersi conto che le sue avances potessero anche non essere gradite.

“Oh, merda. Stai bene, Jon? Non pensavo ti dispiacesse. Insomma, sei un ragazzo e tutto il resto. T’interessa il sesso, giusto?”

Jonathan sollevò i fianchi, si tirò su gli slip e i pantaloni e si sedette a gambe incrociate sul letto. Poi guardò la sua amica, si schiarì la voce e parlò in un sussurro.

“Io, umm, non l'avevo mai fatto prima, Kathy.”

In effetti, non aveva mai fatto niente prima d'allora. Niente sesso, niente lavoretti di mano, nemmeno un bacio. Beh, il bacio non c'era stato tra lui e Kathy ma tutto il resto era stato nuovo di zecca.

La ragazza sembrò scioccata. Probabilmente perché faceva sesso da quando aveva quattordici anni.

“Sul serio?”

Comprensione e poi rammarico passarono sul suo bel viso. Si avvicinò a Jonathan, gli si sedette vicino sul letto e gli mise una mano sul ginocchio.

“Jon, tu sei… Insomma, ehm, le cose che dicono, pensavo che fossero perché sei così carino, lo sai. Ma tu sei…”

Carino? I ragazzi non sono carini. Sì, lui aveva dei lineamenti delicati, ciglia lunghe e una corporatura snella, ma comunque...

“Ehi, non sembro una ragazza!”

Kathy fece una risatina e guardò il basso ventre del suo amico.

“Oh, lo so che non sei una ragazza, Jonathan. L'ho appena sperimentato in prima persona.”

Jonathan ridacchiò.

“Già, è vero. Penso che tu mi abbia appena fatto capire di essere gay, Kath.”

In qualche modo questo alleggerì l'atmosfera e Kathy rise. Le lacrime brillavano nei suoi occhi.

“Non sei arrabbiato con me?”

Era arrabbiato? Jonathan ci pensò. No, non poteva essere arrabbiato con Kathy. Diamine, faticava ad arrabbiarsi con chiunque. Non era proprio una cosa da lui.

“No, non sono arrabbiato. Almeno posso dire di aver provato a essere etero. Lo aggiungerò ai miei fallimenti. Come quando ho giocato nella Little League e non ho colpito la palla nemmeno una volta per tutta la stagione, e nemmeno durante gli allenamenti. O la volta che ho appiccato un fuoco durante la fiera della scienza e gli idranti hanno inzuppato tutti.”

Kathy mise le mani sulle guance del suo amico e catturò il suo sguardo. La sua voce era seria.

“Jonathan, non c'è niente di sbagliato nell'essere gay. Niente. Non azzardarti a dire che è un fallimento.”

E quella era solo una delle ragioni per cui era la sua migliore amica. Anche se l'aveva appena molestato nella camera degli ospiti del loro compagno di classe.

“Pensi che i miei genitori saranno delusi da me?” Jonathan si mordicchiò il labbro inferiore e giocherellò con un filo della camicia. Non voleva sembrare un ragazzino, ma odiava l'idea di sconvolgere i suoi genitori. Odiava l'idea di sconvolgere chiunque.

“No. Penso davvero che non saranno delusi. Se vuoi, verrò da te e mi siederò al tuo fianco quando glielo dirai.”

“Grazie, Kath. Non sono ancora pronto, ma ti farò sapere.”

Kathy scese dal letto e si avviò verso la porta aperta.

“‘Okay. Andiamo, Jonny-boy. Domani dovremo alzarci presto per il viaggio.”

Il giorno seguente la madre di Kathy passò a prendere Jonathan e lasciò entrambi all'aeroporto. La loro insegnante di teatro stava portando i diplomandi a Broadway per un viaggio di tre giorni. Kathy era stata protagonista in un paio di recite e aveva interpretato dei personaggi importanti in alcune altre. Jonathan aveva aiutato a costruire le scenografie.

Era divertente stare a New York e Jonathan era riuscito a tenersi fuori dai guai per quasi tutto il viaggio. L'ultimo giorno, lui e Kathy erano seduti sul pavimento nella stanza d'albergo della ragazza, cercando di decidere come finire la loro visita alla città.

“Visto che è il nostro ultimo giorno abbiamo la mattinata libera, Jonathan. Cosa vuoi fare? Magari possiamo andare in uno dei bar pazzeschi che ci sono qui a New York!”

Jonathan roteò gli occhi e guardò le brochure sparse attorno a lui di musei e monumenti, sfogliandole una a una e studiandole con attenzione.

“Kathy, sono le otto del mattino. I bar probabilmente non sono ancora aperti, nemmeno a New York. Tra l'altro, nessuno di noi due ha l'età per entrarci.”

Kathy mise il broncio e aprì la bocca per rispondere quando entrambi sentirono “Kerosene” di Miranda Lambert risuonare nella stanza.

Well, I’m giving up on love, hey, love’s given up on me.

Jonathan sollevò le sopracciglia e guardò l'amica. “Hai cambiato la suoneria per le chiamate di George?”

Lei arrossì. “Perché quel coglione mi sta chiamando?”

Jonathan le regalò un sorriso di comprensione. “Non è un coglione, Kath, e tu lo ami ancora. Io vado a vedere la Statua della Libertà e ti darò un po' di privacy così potrete parlare.”

Kathy non discusse. Camminò verso il telefono e lo guardò come se fosse un serpente che potesse morderla. Dopo pochi secondi s'irrigidì, aggrottò al meglio le sopracciglia e rispose.

“Cosa vuoi?”

Jonathan uscì dalla stanza con alcune brochure strette nella mano e aspettò fino a quando la porta fu chiusa prima di iniziare a ridere. Non capiva cosa stesse accadendo tra la sua amica e il suo ragazzo, ma sapeva che George la amava. Sinceramente, era sorpreso che ci avesse messo così tanto prima di chiamarla. L'unica incognita, ora, era quanto Kathy avrebbe deciso di farlo soffrire prima di perdonarlo per qualsiasi cosa lui avesse fatto di sbagliato.

Uscì dall'hotel e camminò lungo le strade gremite di New York. E fu in quel momento che la sua vita si capovolse. Beh, tecnicamente fu il suo corpo a capovolgersi quando inciampò scendendo gli scalini della metropolitana. Non si ferì gravemente, ma si slogò un polso, così i paramedici lo portarono all'ospedale per fargli delle lastre. Il dottore confermò che non c'era niente di rotto, mise il polso di Jonathan in un tutore e lo dimise.

Dato che aveva già diciotto anni ed era legalmente un adulto, l'ospedale non era tenuto a chiamare nessuno prima di curarlo, ma lui non aveva voluto che la sua insegnante si preoccupasse, così l'aveva chiamata e le aveva spiegato il tutto. Una volta che la tracolla fu al suo posto, entrò in ascensore per uscire dall'ospedale e tornare in hotel. Non fu una sorpresa quando sbagliò a premere il pulsante e scese al piano sbagliato. Quando si rese conto di essere nel reparto maternità invece che nell'atrio, Jonathan era in piedi di fronte alla nursery, ipnotizzato dall'uomo che vedeva dietro la vetrata.

Lo sconosciuto indossava sopra i vestiti uno dei camici blu dell'ospedale, era seduto su una sedia a dondolo e teneva tra le braccia un neonato avvolto in una coperta blu e rosa a strisce. I suoi capelli erano di un nero intenso, la pelle chiara e i suoi occhi... wow, quegli occhi. Erano bellissimi, di uno scintillante blu scuro che Jonathan non aveva mai visto, né mai immaginato. Sentì di poter annegare in quegli occhi.

Jonathan era immobile nel corridoio dell'ospedale e fissava quell'uomo splendido. Non poteva sentire attraverso il vetro, ma gli sembrava che stesse cantando qualcosa al bambino che cullava tra le braccia. E c'erano lacrime che rigavano quel viso ben definito e perfetto. Jonathan voleva avvicinarsi all'uomo dagli occhi blu, sederglisi in grembo e asciugargli le lacrime. Voleva toccare quei soffici capelli neri, appoggiare la testa contro il suo petto e sentire il suo cuore battere. Voleva prendersi cura di lui per far sì che non piangesse mai più. Il tempo si fermò mentre Jonathan immaginava il proprio futuro con quell'uomo dagli occhi blu.

“Jonathan Doyle! Eccoti qui.”

Jonathan voltò il capo verso l'ascensore e vide la sua insegnante correre verso di lui in preda al panico.

“Hai detto che saresti venuto direttamente in hotel. Quando non sei arrivato, ho chiamato l'ospedale e mi hanno detto che ti avevano dimesso un'ora fa. Grazie a Dio stai bene. Cosa ti è successo stavolta, caro?”

La donna guardò il suo braccio e toccò teneramente l'imbracatura. Jonathan alzò lo sguardo sull'orologio appeso al muro e si rese conto che erano passate tre ore. Gli erano sembrati solo pochi secondi e invece aveva fissato l'uomo dei suoi sogni per tre ore. Quando tornò a guardare attraverso la finestra, lo sconosciuto se n'era andato. Era come se fosse svanito nel nulla. Avvertì una fitta al cuore per quella perdita e il ragazzo faticò a fare entrare aria nei polmoni. Sforzandosi di stare calmo, rispose alla sua insegnante.

“Oh, mi scusi, signora Burns. Non volevo farla preoccupare. Sono sceso al piano sbagliato e ho perso la nozione del tempo.”

“Va tutto bene, caro. Capisco.”

La signora Burns conosceva Jonathan sin dal primo anno, quindi aveva smesso di fargli domande quando si cacciava in situazioni strane. Gli prese il braccio ferito e lo condusse all'ascensore, poi fuori dall'ospedale e nel taxi che li aspettava in strada.

“Kathy ha preparato la tua borsa, Jonathan. Dobbiamo andare subito all'aeroporto per prendere il nostro volo.”

Lui annuì, ma l'unica cosa alla quale riusciva a pensare era quell'uomo dietro il vetro della nursery. L'uomo con quegli stupefacenti occhi blu.

Quando tornò a casa, a Emile City, s'inventò delle scuse per cui avrebbe dovuto trasferirsi a New York dopo il diploma. Le sue ragioni avevano qualcosa a che vedere con il trovare la vocazione nella città dove tutto era possibile ed esplorare la scena musicale visto che lui amava la musica. A chi importava? Erano sciocchezze e Jonathan lo sapeva. Non aveva nessuna vocazione. Non aveva mai avuto un interesse per qualcosa in particolare. Era sempre stato nella media riguardo a qualsiasi argomento o attività.

La verità era che voleva trasferirsi a New York perché era lì che lui viveva. Jonathan voleva incontrare lui. Aveva bisogno di conoscere lui. Quel bell'uomo dagli occhi blu che l'aveva così colpito. Quell'uomo chiaramente etero che aveva un bambino. L'uomo del quale si era innamorato a prima vista.


Edited by Karyn. - 10/4/2013, 22:47
 
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view post Posted on 1/6/2014, 15:26
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Questo libro mi è piaciuto molto dolcissimo e tenerissimo senza essere però troppo smielato
 
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